ROMA – A settembre del 2011 erano 4 milioni 968 mila, un mese dopo, ad ottobre, l’Istat ne ha censiti 3 milioni 800 mila. Sono gli immigrati residenti nel nostro Paese. Che fine ha fatto quel milione e passa che manca all’appello? La prima indagine era condotta sì dall’Istat, ma in collaborazione con la Caritas, e avrà quindi questa rivelazione trovato anche immigrati che al censimento ufficiale hanno preferito nascondersi, magari perché in possesso di regolare permesso di soggiorno, ma non di “regolare” domicilio. Ma in realtà quel milione di “assenti” fotografa altro: fotografa la crisi. L’Italia comincia a non esser più un paese così allettante in quanto a prospettive di lavoro. Quindi meglio tornare a casa o cercar fortuna altrove, questo il motivo e la spiegazione della discrepanza tra i due dati.
I dati provvisori dell’ultimo censimento generale della popolazione, datato ottobre 2011, parlano di 3 milioni e 800 mila stranieri residenti in Italia. Non pochi, anzi in deciso aumento rispetto al dato del censimento 2001: un milione e 300 mila persone. Ma una ricerca, prodotta da Istat e Caritas appena un mese prima, intitolata “La popolazione straniera residente in Italia”, aveva rilevato 4 milioni e 570 mila stranieri iscritti all’anagrafe. A cui poi andrebbero aggiunti i 397 mila regolari ma non residenti (fonte Caritas/Migrantes), cioè quelli muniti solo di un visto per motivi di lavoro, famiglia, studio. Totale: 4 milioni 968 mila. Rispetto ai 3milioni e 800 mila appena censiti c’è una bella differenza. Un milione e 100 mila presenze in meno. Dove sono finiti? La maggior parte del milione che manca all’appello se n’è semplicemente andata. Ha lasciato cioè, anche solo temporaneamente, il nostro Paese. Ovviamente non nel mese intercorso tra le date delle due rilevazioni, ma in un lasso di tempo più ampio.
Un dato sorprendente e anche avvilente per la nostra economia, talmente malmessa da far scappare chi era venuto sperando di migliorare le proprie condizioni di vita. Fenomeno anche nuovo per l’Italia, ma non nuovo in assoluto come racconta Marco Marcocci, studioso di migrant banking, al Corriere della Sera: “Cominciò nel 2008 in America e ora si sta riproducendo fedelmente da noi. Non c’è più lavoro, la gente così torna a casa, molti migranti che nel vecchio censimento del 2001 erano regolari ora son diventati clandestini. Nel 2011 per la prima volta da noi il flusso delle rimesse è calato, perché gli stranieri non riescono più a mettere i soldi da parte per spedirli in patria. Addirittura, in America, dove la crisi è stata davvero mortale, è successo che le famiglie del Messico, dell’Ecuador, del Perù, si son viste costrette a mandare loro dei soldi negli Usa per aiutare i propri congiunti anziché il contrario”.
Non sono state quindi le politiche più dure nei confronti dell’immigrazione, e nemmeno gli episodi di razzismo e intolleranza registrati dalle nostre cronache a far “sparire” un milione di immigrati. Ma la crisi. Quella stessa crisi che secondo Beppe Grillo è peggio della mafia e quella stessa crisi che fa chiudere aziende e sentire due italiani su tre più poveri rispetto al passato Forse non ci si pensa, ma la crisi si sente a tutti i livelli. Così molti immigrati hanno preferito lasciare il nostro Paese. Alcuni verso mete ancora promettenti: la Francia per i nordafricani, e la Germania con la sue economia che ancora funziona. Altri invece hanno ripreso la via di casa, verso Romania ed Ungheria ad esempio, dove ormai i salari, per un manovale, sono competitivi con i nostri e dove soprattutto le occasioni di lavoro sono meno rare.
Certo tra quel milione di assenti ci sarà anche una quota di “imboscati”. Di immigrati cioè che al censimento ufficiale hanno preferito nascondersi, per evitare problemi con le Asl e con i padroni di casa cui pagano l’affitto, spesso in nero. E ci sarà anche, in quel milione, qualcuno cui il permesso di soggiorno è scaduto ed è quindi diventato irregolare. Ma gli uni e gli altri, sommati, rappresentano la minima parte rispetto a quanti hanno deciso che era meglio tentare altrove.