ROMA –Monti, ai mercati basta la parola e riportano lo spread a quota 500 punti, cinquanta punti in meno in premio a un governo che non c’è. Monti, alla Merkel basta la parola per dire che “L’Italia riconquista fiducia”. Monti che avrà da Napolitano l’incarico tra domenica sera e lunedì. Ma quale governo potrà davvero comporre Mario Monti? La prima idea, difficile da realizzare ma, se riesce, di grande impatto è quella di un governo senza politici, non in prima fila almeno. Dodici ministri, Giuliano Amato agli esteri, un uomo della Banca d’Italia (Saccomanni o Bini Smaghi) all’economia e una personalità di garanzia, ma gradita al centrodestra, per il delicato incarico di ministro di Grazia e Giustizia. E poi poco, pochissimo spazio ai politici di professione, relegati nei ruoli di viceministri e sottosegretari. E’ l’identikit del “voler essere” del prossimo governo Monti, dodici ministri tutti espressione della società civile, personalità non politiche. Ma tra il volere e il nominare c’è di mezzo la trattativa politica.
Nelle intenzioni di Monti deve essere, deve apparire non come un governo tecnico da cui la politica si sfila ma come un governo delle istituzioni, del presidente della Repubblica, dell’urgenza nazionale cui la politica si presta, fa indispensabile ausilio ma non la fa da padrona. Un governo in cui gli interessi della politica ci sono ma riconoscono che oggi c’è altro e superiore interesse. Tra il volere e il nominare però…
Mario Monti, neo senatore a vita, ancora non ha ricevuto l’incarico di formare un nuovo governo. Ma le parole di ieri del futuro ex premier Silvio Berlusconi che ha definito un governo tecnico guidato dall’ex commissario europeo “una scelta ineludibile”, fanno del rettore della Bocconi un premier in pectore di fatto. Si è quindi cominciato ad immaginare, studiare, pensare e preparare quello che potrebbe essere il nuovo esecutivo.
L’ipotesi di un governo di tutti tecnici, almeno negli incarichi di prima fila, non è però l’unica e non è universalmente data per scontata. Una scelta simile non è ben vista all’interno di uno spaccatissimo Pdl, ma si scontra anche con la posizione di Letta, Enrico, un personaggio centrale in questi mesi nei rapporti tra il Pd, il Quirinale e lo stesso Mario Monti. Letta che, se si aprissero le porte del governo ai politici, entrerebbe in squadra con un incarico di prestigio, anche se la sua esperienza come sottosegretario alla presidenza nel governo Prodi, potrebbero riportarlo nella cabina di regia di palazzo Chigi.
Politici sì, politici no, ma il governo Monti avrà bisogno, oltre che di ministri e sottosegretari, anche di una maggioranza parlamentare. Lega e Idv, già in campagna elettorale, si sono prontamente sfilati, con il piccolo distinguo di Di Pietro che si è detto disponibile a votare singoli provvedimenti. Una sorta di appoggio esterno. Il prossimo governo, e quindi con ogni probabilità quello guidato da Monti, sarà chiamato a fare quelle scelte impopolari che da decenni tutti hanno evitato, fare opposizione a questo darà i suoi frutti alle successive elezioni, Bossi lo sa e, in qualche modo, lo ammette. Di Pietro nicchia, ma ne è consapevole anche lui.
Se il Pd si mostra unito, come il Terzo Polo, nell’appoggio al possibile governo tecnico, diverso è il discorso nel Pdl. Non va dimenticato che sino a poche ore fa lo stesso leader del Pdl, Berlusconi, non Alfano, indicava le urne come unica via per il dopo dimissioni. E così oggi, alla possibile vigilia del varo del governo Monti, all’interno del Popolo delle Libertà convivono posizioni diametralmente opposte, con la componente ex An particolarmente “dispiaciuta” dalla prospettiva governo tecnico. Si va dalle parole di Franco Frattini: “Sarei prudente nell’invocare un ricorso immediato alle urne, precipitando il Paese in tre mesi di campagna elettorale con lo spread che vola e il nostro indebitamento che sale”, a quelle di Maurizio Sacconi, “un Governo partecipato e sostenuto dalla sinistra rappresenterebbe solo l’illusione di una maggiore stabilità politica ed economica”, passando per la posizione di Altero Matteoli, “non ho nulla da dire sulla personalità di Monti. Mi ha sorpreso in questo momento lo sua nomina senatore a vita anche se non credo questo influenzi più di tanto la situazione politica”. E proprio su questo, in casa Pdl, a palazzo Grazioli, si sta vivendo una giornata convulsa con vertici che si susseguono alla ricerca di una linea e di una mediazione che riconcili, se non la Lega che non ha intenzione di sporcarsi le mani con le misure pro euro, almeno con gli ex An e gli altri filo elezioni.