ROMA – Bonifiche e pensioni, case popolari e lotta alla corruzione, a parte e fino alle leggi razziali e la guerra di Hitler il fascismo, come persino il presidente dell’Europarlamento Antonio Tajani ha ricordato, aveva fatto anche cose buone. Sciocchezze. Letteralmente. O come si usa dire ora, fake news.
Le bonifiche iniziarono prima del fascismo così come il sistema pensionistico e, a ben vedere, anche i treni non erano poi così puntuali. A prendersi il disturbo di andare a verificare quelli che sono ormai diventati luoghi comuni della politica e della para-politica italiana è Francesco Filippi, autore del libro ‘Mussolini ha fatto anche cose buone’. Libro che, con il rigore della ricerca fatta dall’autore archivista ed analista, attraverso una puntigliosa ricerca i suddetti luoghi comuni ha puntualmente smentito.
E così, se fosse possibile fare cose buone senza considerare il peso dell’alleanza con la Germania nazista o delle leggi che hanno mandato a morte una fetta di popolo italiano, si scopre che di cose buone il fascismo e il suo duce Benito Mussolini non ne hanno fatte. I due cavalli di battaglia, le bonifiche di territori da secoli malsani come il sud del Lazio e l’introduzione delle pensioni, non appartengono a Mussolini e al fascismo.
Il diritto per i lavoratori alla pensione venne infatti introdotto nel 1919, quando Mussolini fondava i Fasci in un teatro con poche decine di persone, con garanzie previdenziali che arrivavano dai tempi del governo Crispi, del 1895. Le paludi invece, già prima della marcia su Roma, avevano visto ben venti regi decreti dar vita ai consorzi di bonifica.
Il duce, al massimo, continuò il lavoro fatto prima di lui e, soprattutto, fu astuto e bravo a prendersene i meriti. E poi le case popolari e le autostrade, altri due pezzi forti del repertorio del ‘fece anche cose buone’. Le prime nacquero con una legge del 1903 con Luigi Luzzatti, deputato della destra storica, che ne ebbe il merito. Mentre le seconde furono il frutto dell’ingegner Piero Puricelli, con il duce pronto a tagliare poi i nastri. Peggio ancora, in un certo senso, l’immagine che il fascismo di sé voleva dare, immagine di forza politica capace di spazzare la precedente classe dirigente corrotta e immorale, e di portare al comando della nazione l’incorruttibilità e una rigida morale.
Immagine quanto più possibile lontana dalla realtà. Difficile infatti parlare di morale di fronte a soggetti che prima che politici erano picchiatori, macchiati delle peggiori violenze ma, per quanto riguarda la corruzione, gli integerrimi fascisti fecero ben peggio dei precedenti governo, non certo immacolati. E’ lungo l’elenco degli arricchimenti improvvisi e dubbi e delle donazioni di patrimoni pubblici a gerarchi del regime. Ma su tutto troneggia il caso Sinclair-Oil, quello per cui, secondo gli storici, l’onorevole Giacomo Matteotti fu ucciso.
Non perché denunciava e si opponeva alle violenze fasciste, non perché criticava il duce in Aula, ma perché si credeva, lo credeva Mussolini e probabilmente era vero, che fosse in possesso delle carte che provavano la corruzione nelle concessioni petrolifere date dall’Italia ad imprese straniere. Carte che accusavano direttamente Benito Mussolini. Matteotti fu ucciso, rapito di fronte alla sua casa e, di fatto, il capo del fascismo se ne assunse la responsabilità di fronte al Parlamento. Di cose buone, a volere leggere la storia, non ne fece.