Pensioni, busta arancione ri-sparita. C’è quanto prenderai, meglio non si sappia

pensioniROMA – Torna, ma come al solito non arriverà, la busta arancione. Quella busta che, su modello svedese, dovrebbe indicare a tutti i lavoratori la loro situazione contributiva e fornirgli una proiezione di quella che sarà in futuro la loro pensione, insomma quanto prenderanno. Sapere quanto sarà la tua pensione con i contributi che stai versando. Saperlo in un sistema dove appunto le prossime pensioni, quelle della generazione che oggi ha tra 30 e 40 anni saranno tutte contributive Se ne parla da anni in Italia, almeno quattro. E’ stato detto sia la busta arancione con le informazioni che potrebbe contenere un servizio, un diritto per chi dovrebbe riceverla e un dovere per chi dovrebbe invialrla, l’Inps. Ma di buste sinora, nemmeno l’ombra.

Italia e Svezia sono due paesi modello in tema pensioni. Entrambi gli stati hanno infatti adottato il sistema contributivo per il calcolo dei trattamenti pensionistici. Quel sistema per cui il peso dell’assegno della pensione è calcolato sui contributi realmente versati e, a differenza del sistema retributivo, non sulle ultime buste paga.

In Svezia, puntualmente, ogni anno tutti i lavoratori ricevono la missiva contenente le suddette informazioni. Informazioni che peraltro non dovrebbero essere e non sono riservate. Informazioni che, con un pizzico di pazienza anche i lavoratori italiani possono reperire. L’ammontare dei contributi versati accedendo al sito dell’Inps; e la proiezione della futura pensione attraverso diversi software disponibili on line.

Eppure, nonostante siano pubblici, i dati in questione i lavoratori italiani sono costretti a procacciarseli. Alla faccia della trasparenza. Una riservatezza da parte dello Stato poco comprensibile. Verificare che tutti i contributi versati siano stati registrati è, per i lavoratori, una normale e comprensibile esigenza. Sapere, o anche solo immaginare quale sarà la futura pensione sarebbe poi un’informazione buona per prendere alcune decisioni, come ad esempio quella se affidarsi o meno ad una pensione integrativa.

Antonio Mastropasqua, il presidente dell’Inps, si giustifica e spiega che lui le buste le manderebbe pure ma, da quando la riforma delle pensioni è stata introdotta, il ministro competente come i governi è spesso cambiato. E lui non ha ancora ricevuto il via libera. Il suddetto ministro competente, l’ultimo in ordine di tempo, Enrico Giovannini, appena insediato disse che sulle buste bisognava essere “molto prudenti, per evitare incomprensioni”. Il rischio, aggiunse, è che “i giovani precari pensino che la pensione è per definizione una frazione di quello che prendono ora”.

E a parte il fatto che per molti effettivamente così sarà, ragion per cui sarebbe bene saperlo, in modo da poter tentare di organizzarsi per tempo, come può essere questa una ragione per essere prudenti? Chi nella vita farà carriera e vedrà lievitare il suo stipendio vedrà, di pari passo, aumentare il suo assegno-pensione. Una relazione e un meccanismo non difficili da spiegare e che, anzi, le buste arancioni potrebbero aiutare a chiarire.

Invece no, anche quest’anno di busta si parla ma di buste non se ne vedono. Il progetto “busta” è datato ormai 2009. Un progetto pensato dall’allora ministro Maurizio Sacconi e, è proprio il caso di dire, rimasto lettera morta. Che sia prevalsa la preoccupazione di non far sapere, hai visto mai i pensionandi futuri prendono coscienza della realtà e paura di un assegno troppo piccolo per una grande vecchiaia?

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