Pulizia delle scuole, c’è del marcio nello spazzolone

Scuola puliziaROMA – Pulizia delle scuole, c’è del marcio nello spazzolone. Tra appalti prorogati ex lege con la scusa dei rischi occupazionali e cartelli-monopoli messi in piedi dalle società che offrono i servizi di pulizia, la concorrenza, con i risparmi che potrebbe portare e la qualità del servizio che offrirebbe, è di fatto un miraggio. Ovviamente a discapito degli studenti. A lanciare l’allarme è il commissario nazionale anticorruzione Raffaele Cantone. Un allarme che suona come una bocciatura di un pezzetto della ‘Buona scuola’, la riforma dell’istruzione approvata l’estate scorsa, ed esattamente quella parte che ha messo sul piatto oltre un miliardo e mezzo di euro prorogando appalti già nati in maniera dubbia. Tutto inizia nel 2012 quando la Consip (la struttura che si occupa degli acquisti centralizzati per lo Stato) indice la gara per selezionare le imprese di pulizia per le scuole.

Il bando divide il territorio italiano in 13 lotti e, alla fine, 6 società si aggiudicano tutti i lotti, ad eccezione di quelli relativi alla Sicilia e alle province di Napoli e Salerno, che vanno deserti. Poco tempo dopo, però, l’Antitrust apre un’istruttoria sulla gara per fare chiarezza sulle offerte ed emerge che le società avrebbero vinto grazie a un accordo illecito, in violazione della normativa a tutela della concorrenza. Cioè facendo quel che si dice ‘cartello’. Ma proprio mentre l’Antitrust indagava, il Parlamento varava il provvedimento sulla scuola, con cui si stabiliva che, nelle zone dove esistono convenzioni Consip per la pulizia, si adoperano quelle già esistenti estendendole dal luglio 2015 al luglio 2016. In pratica una proroga, nonostante la legge le vieti esplicitamente per gli appalti pubblici. Una proroga della proroga, inoltre, perché la scadenza degli affidamenti era già stata fatta slittare con un decreto precedente.

Per di più in un settore non proprio trasparente, visto che l’indagine dell’Antitrust ha condannato al pagamento di una multa da 110 milioni di euro, per violazione della concorrenza, quattro aziende che avevano vinto le gare iniziali. Compreso il Consorzio nazionale servizi, finito nell’inchiesta di Mafia Capitale. A questo punto arriva, sollecitato anche da alcune iniziative parlamentari, l’intervento di Cantone che ha chiesto al governo di rivedere la decisione presa con la proroga. Alcune fonti governative hanno fatto trapelare che la proroga era stata decisa, all’epoca, “per salvaguardare l’occupazione”. Una giustificazione che convince poco e non convince in primis l’Anac che ha sottolineato che, se l’obiettivo fosse stato quello, si sarebbe potuta usare la cosiddetta “clausola sociale”: cambiano le ditte, ma non i lavoratori. Invece, rileva l’Anac, il governo ha consentito ai prestatori di servizi di continuare a “mantenere le storiche posizioni di mercato, consolidate nel tempo dalle suddette proroghe”.

Secondo l’Anac la prima cosa da fare è realizzare un “intervento urgente” affinché la gestione dei servizi sia “ricondotta nell’alveo delle ordinarie procedure di affidamento”. La seconda è che “non si ricorra, per il futuro, all’utilizzo di sistemi derogatori, come le proroghe ex lege, comunque inidonei a risolvere le rilevanti problematiche sociali”. La semplice proroga degli appalti, sottolinea l’Anac, tiene in vita “prestazioni non necessariamente in linea con le migliori condizioni che il mercato può offrire”. Cioè può comportare spreco di denaro pubblico e servizi più scadenti. Essendo l’anno scolastico agli sgoccioli è improbabile che qualcosa cambi prima della fine di questo. Le speranze sono quindi risposte nell’anno prossimo e nel futuro, ma chiunque abbia dei figli a scuola sa come la pulizia di queste sia una delle note più dolenti del sistema istruzione italiano.

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