ROMA – L’Eni ha annunciato l’avvio di una campagna di sconti sul costo dei carburanti pari a circa 20 centesimi al litro. Limitata nel tempo e nello spazio per carità, ma tanto è bastato per far sì che la concorrente Q8 prima condannasse l’iniziativa e, subito dopo, ne annunciasse una simile e con sconti persino maggiori. Il bello della concorrenza! Una dinamica praticamente ignota agli automobilisti italiani abituati a prezzi “fotocopia” in ogni stazione di rifornimento. Le associazioni dei consumatori, ovviamente, hanno brindato. Meno contenta, anche qui comprensibilmente, l’Assopetroli. Comprensibile il suo scontento, sconto significa meno guadagno, ma incomprensibile la motivazione: l’iniziativa potrebbe rappresentare “un’operazione di dumping”, speriamo “non fermi lo sviluppo della concorrenza”, ha detto il presidente di Assopetroli Franco Ferrari Agardi, che ha chiesto all’Antitrust di vigilare.
Per la serie “il mondo alla rovescia”. Eravamo abituati a vedere le associazioni dei consumatori che invocavano il controllo dell’Antitrust sui prezzi dei carburanti, storicamente lestissimi a salire in relazione al costo del greggio ma mai altrettanto veloci a ridiscendere quando il costo della materia prima cala. E poi le abituali lamentele, non prive di qualche sospetto su possibili cartelli, per i prezzi più o meno identici che tutti i marchi della distribuzione di carburanti applicano. “Manca la concorrenza” hanno sempre detto e pensato consumatori e automobilisti. E ora, appena poche ore dopo il lancio di una campagna di sconti che, oltre a far risparmiare chi deve fare il pieno, attirerà certo più clienti verso la compagnia che gli sconti applica, a chiedere la vigilanza dell’Antitrust è l’associazione dei petrolieri. Ma come? Ma quale Antitrust? A rigor di logica la concorrenza è proprio questo: chi fa il miglior prezzo conquista più clienti. Ovvio che chi invece applica il prezzo più elevato perderà quote di mercato, ma non per questo si possono tenere i prezzi tutti uguali. Sarebbe l’esatto opposto della concorrenza.
“Negativa è stata anche la reazione del Coordinamento Nazionale unitario dei gestori: i piccoli distributori temono, con il massiccio spostamento della clientela verso l’ “iperself” Eni, “un processo di espulsione già avviato di decine di migliaia di lavoratori e delle piccole imprese di gestione dal settore” e annunciano così lo stato di agitazione con possibile sciopero”, scrive La Stampa. Posizione singolare la loro. Con tutto il rispetto per i lavoratori del settore in difficoltà, non si può imporre agli automobilisti di pagare i carburanti di più per tutelarne il posto di lavoro. Provate a spiegare una simile protesta a dei cittadini americani, cittadini abituati a vivere nel libero mercato: i prezzi devono rimanere alti perché altrimenti qualcuno rischia di chiudere. Con lo stesso ragionamento allora potremmo chiedere di aumentare il canone Rai perché i conti di viale Mazzini sono in rosso, o di far pagare di più il cappuccino perché altrimenti alcune aziende che lavorano il caffè non fanno abbastanza guadagni e via dicendo. Questo non a nulla che vedere con la concorrenza e con il libero mercato, anzi, e l’Antitrust dovrebbe praticamente fare una pernacchia a chi ora la invoca. Conseguenza estrema del ragionamento e delle proteste di gestori e petrolieri non è l’invocazione all’Antitrust, ma l’esatto opposto: imporre un prezzo fisso per legge che consenta a tutti di guadagnare, con buona pace del libero mercato e della stessa Antitrust che perderebbe la sua ragion d’essere. E comunque invocare qualcuno qualcosa se nel tuo settore qualcuno pratica sconti al consumo è come confessare che il prezzo uguale più o meno per tutti è fissato in regime di “trust”, cioè di accordo e cartello tra i petrolieri.
Gli sconti che l’Eni ha presentato saranno, come detto, limitati nel tempo e nello spazio: solo nei fine settimana e solo nelle stazioni iperself, con il prezzo fissato di settimana in settimana e che questo week end sarà di 1,6 euro per la verde. “Vogliamo dare un aiuto alle famiglie in un momento difficile” ha detto l’ad, Paolo Scaroni. Lo “scontone”, come l’ha chiamato lo stesso amministratore delegato, rappresenta un “investimento reputazionale e commerciale” e ha poi aggiunto di aspettarsi dei ritorni dall’iniziativa, prevedendo un incremento della quota di mercato (oggi al 30%), nonostante una perdita potenziale non lontana dai 180 milioni di euro per la società del cane a sei zampe. Ed è esattamente questo lo spirito della concorrenza, e non serve essere un economista a stelle e strisce per capirlo: si applica una tariffa più bassa, si perde qualcosa ma si guadagnano clienti.
La reazione scomposta di Assopetroli, oltre a sembrare assolutamente priva di fondamento, lascia persino supporre, almeno ai maligni automobilisti italiani, che sinora siano stati i petrolieri abituati a muoversi in un mercato dove la concorrenza era null’altro che una bella parola. La posizione espressa da Franco Ferrari Agardi somiglia a quella di un giocatore di calcio impegnato in una gara apparentemente destinata allo zero a 0 zero che, subito un gol, domanda agli avversari, e all’arbitro: “Ma che hanno segnato davvero, mica si può fare, così si mette a rischio il pareggio…”.
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