FIRENZE – Certo d’istinto, e forse un po’ anche per ordine ricevuto, è stato realizzato sfregio politico a Renzi, sfregio per mano Pd. E’ stato escluso, Matteo Renzi, dal ruolo di grande elettore, cioè di partecipante con diritto di voto alla riunione congiunta di Senato e Camera per eleggere il nuovo capo dello Stato. Non sarà lui uno dei tre rappresentanti della Toscana ad esser chiamato a scegliere il successore di Giorgio Napolitano. Non avrebbe dovuto esserlo secondo prassi ma gli era stata ventilata la possibilità e, nella serata di ieri (9 aprile), con una votazione sofferta in casa Pd finita 12 contro Renzi a 10 a favore, il posto che poteva essere del sindaco di Firenze è finito ad Alberto Monaci.
Uno sfregio al “dissidente” Renzi pensato e voluto a Roma e materializzatosi grazie al voto di due “franceschiniani”, e uno sfregio che, a sentire il sindaco, ha finito per premiare uno come “Monaci che sappiamo tutti, qui in Toscana, chi è. Viene da ridere. Scelgono uno che ha fatto quello che ha fatto. Avessero deciso per una persona autorevole, per una donna…”. Monaci, per la cronaca, è il presidente dell’assemblea regionale toscana e i “fattacci” a cui il sindaco fiorentino allude sono il caso Ceccuzzi e lo scandalo Monte Paschi, vicende che hanno sfiorato Monaci.
Bersani nega con fastidio e con una punta di sufficienza non solo e non tanto di averlo ordinato lo “sfregio”, nega anche di occuparsi di tali minimi cose come la delegazione toscana alle Camere riunite il 18 aprile a Roma. Nega ma in Bersani è evidente il fastidio per tutta la “questione Renzi”. Appena 24 ore fa lo aveva sbrigativamente liquidato: “Una risorsa, ma stia attento”. Bersani adotta dunque la linea del “de minimis non curat praetor” e colloca Renzi tra le incombenze minori. Non pare sia proprio così e comunque Renzi ha reagito tosto allo sfregio: “Mi auguro che si vada ad elezioni al più presto, se Bersani e Berlusconi hanno altro da proporre, si sbrighino”. Se si pensa e si calcola che bersani vuole e conta ancora di fare il suo governo di minoranza…
Era sul palco del Vinitaly di Verona Matteo Renzi, insieme al collega Flavio Tosi, quando un sms lo ha informato di quello che era l’esito della discussione e della votazione che dovevano scegliere chi avrebbe rappresentato la Toscana nell’elezione del prossimo Presidente della Repubblica. Norme precise per la scelta dei grandi elettori non ce ne sono. Prassi vuole che siano il presidente della giunta e il presidente dell’assemblea regionale, oltre un rappresentate dell’opposizione.
Questa volta sembrava però opportuno, visto il suo peso politico e la cronaca politica di queste settimane, e come gli era anche stato proposto, che Renzi fosse uno dei due rappresentanti Pd che si sarebbero recati a Roma. Invece ieri, un po’ per istinto e un po’ più ordini romani non scritti ma certo suggeriti , dalla votazione interna al partito democratico Renzi è uscito sconfitto, a Roma andrà Monaci. Votazione che ha segnato però una netta spaccatura: 10 voti per il sindaco, 12 per il presidente dell’assemblea, con i due “franceschiniani” che hanno fatto la differenza.
Non è però un scelta interna ai partiti quella dei grandi elettori, che per essere tali devono essere votati dall’assemblea regionale, e Renzi avrebbe potuto presentarsi ugualmente cercando voti esterni al Pd per la sua candidatura. Voti che a sentir lui avrebbe certamente trovato, ma voti che ha preferito non cercare per “lealtà, perché non è uno che rompe i partiti”. E così il sindaco ha chinato la testa a quello che altro non è che uno sfregio, un dispetto e come tale viene inteso sia a Firenze che a Roma. A Roma non ci sarà. Ma questo non vuol dire assolutamente questione chiusa e pace fatta col segretario. Pierluigi Bersani lo ha definito, senza nominarlo, qualunquista e demagogo e lui, da Verona, ha fatto notare come “è vero, io non ho vinto le primarie, ma Bersani, problemino, non ha vinto le elezioni”.
“Ma come – ha commentato il sindaco di Firenze quando ha saputo che Monaci era il prescelto – prima i bersaniani me lo propongono, mi fanno dare la disponibilità e poi mi fanno perdere? Certo, io ci andavo volentieri a Roma e se volessi inasprire il clima potrei forzare la mano in aula al consiglio regionale cercando lì i voti, ma non lo faccio per lealtà”. A render poi più amara l’esclusione per Renzi, e discutibile per potenziali elettori del Pd, la scelta di Monaci. Perfetta secondo prassi ma, come scrive testualmente il Corriere della Sera: “Monaci è anche l’esponente Pd ‘sfiorato’ dallo scandalo Monte Paschi e dal ‘caso Ceccuzzi’”.
Una scelta che non è piaciuta a Renzi: “Complimenti, che devo dire? Bersani e Franceschini sono stati bravissimi. Hanno voluto darmi un segnale. Del genere: punirli per educarli. Ma tanto io il bravo non lo faccio. Hanno fatto un giochino da Prima Repubblica, con questa storia… E questo nome: Monaci. Peggio per loro, continueranno a perdere elettori”. Intanto hanno perso certamente un grande elettore.
Ma, alla fine, quale il perché dello sfregio, da dove viene, che significa, cosa rivela? Il perché, la causa, il mood dello sfregio a Renzi firmato Pd è uno e soltanto uno: il partito, gran parte del partito preferisce perdere senza Renzi piuttosto che vincere con Renzi. Si dovesse quindi votare a breve, d’istinto e un po’ anche per ordine da Roma sussurrato e apprezzato, saranno in tantissimi nel Pd a far di tutto per non avere un candidato premier che comporti il rischio di vincere le elezioni.
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