Specchio parlante: medico, tg, stilista.. A muro, a casa. A caro prezzo per ora

ROMA – “Amore, come sto?”. L’angosciosa domanda che milioni di mariti sentono ripetersi ogni giorno, più volte al giorno, potrebbe finalmente trovare una risposta e, soprattutto, essere indirizzata ad un soggetto che col marito o fidanzato di turno ha poco che vedere: lo specchio. Quest’accessorio sta infatti, con gioia e giubilo di mariti e fidanzati, ma anche mogli ed amiche, per entrare in quella che potremmo definire la sua terza generazione. Lo specchio 3.0, lo specchio intelligente, lo specchio parlante sta per arrivare. Pronto a rispondere al più classico dei “come sto con questo vestito?”, ma anche buono per misurare il battito cardiaco o per comunicarci le condizioni meteo e del traffico. Per ora questa meraviglia costa cara ma, si sa, in questo campo i costi calano rapidamente.

“Specchio, specchio delle mie brame…”, lo specchio parlante fa già parte dell’immaginario umano da secoli. Prima di Grimilde di Biancaneve era stato Narciso, era stata la volta delle mitologiche immagini riflesse nell’acqua a prender vita e fornire risposte ma comunque, l’idea, l’aspirazione e il sogno di poterci confrontare con la nostra immagine ci accompagnano da quando i primi uomini hanno cominciato ad osservare il proprio riflesso. Ma se nella loro lunga vita gli specchi hanno conosciuto poche, pochissime rivoluzioni, rimanendo per millenni quasi uguali a se stessi, quella che si profila ora all’orizzonte è una specie di rivoluzione copernicana della stanza da bagno.

I primi specchi, realizzati nell’antichità, erano semplici lastre di metallo, spesso di argento, rame o bronzo, perfettamente lucidate sino a riflettere un’immagine. Questi specchi “1.0” rimasero immutati per migliaia di anni, sino al XIV secolo quando, a Venezia, si iniziarono a fabbricare gli specchi “2.0”, unendo una lastra di cristallo lucidato con fogli di stagno o mercurio, più o meno identici a quelli che usiamo oggi. Ma quello dell’epoca era un processo costoso e complesso, che faceva dello specchio, seppur 2.0, un gadget di lusso, riservato a pochi. Finalmente, nel XIX secolo, un nuovo processo di produzione (l’argentatura) rese lo specchio un articolo di massa, facendolo entrare in tutti i bagni del mondo e in moltissimi ascensori del pianeta.

Proprio la diffusione planetaria di questo oggetto lo ha portato all’attenzione degli scienziati e delle grandi multinazionali della tecnologia che sullo specchio hanno cominciato ad investire. Tutti hanno uno specchio e tutti ne incontrano nelle proprie giornate, a casa, nel bagno dell’ufficio, in macchina, in metro e così via, quasi in ogni luogo ci sono specchi. E poi, di fronte alla nostra immagine, tutti noi tendiamo a prestare attenzione. E così sono arrivati i primi prodotti industriali che lo specchio cominciavano a reinventare, facendolo diventare “3.0”. I primi specchi tecnologici sono stati probabilmente gli specchi delle automobili con bussola o altre funzioni integrate. Ma la tecnologia viaggia veloce e da questi semplici specchi/display il passo agli specchi intelligenti è stato breve.

In America – racconta Repubblica – uno scienziato del Massachussetts Institute of Technology, Ming-Zher Poh, ha creato il primo “Medical Mirror”, uno specchio medico che, grazie a un sensore computerizzato, legge il battito cardiaco sul volto delle persone che lo guardano. In Giappone la Panasonic ha cominciato a venderne uno simile, che mostra ai pazienti reduci da incidenti o malattie debilitanti un grafico dei loro progressi. La Seraku Corporation, ancora in Giappone, sta trattando con alberghi e costruttori immobiliari per la produzione di specchi da bagno che trasmettono notiziari, danno informazioni sul traffico e funzionano come tabellone digitale su cui gli utilizzatori del bagno possono lasciare messaggi. E un’altra azienda giapponese, la Non-Grid-Inc, ha lanciato uno specchio interattivo per negozi di abbigliamento che non è un vero specchio: il cliente si avvicina, viene fotografato e poi lo specchio gli mostra come starebbe con gli indumenti che sta pensando di acquistare.

Come gli specchi veneziani però, questi primi specchi 3.0 sono carissimi, proibitivi per i più e quindi fuori dalla grande distribuzione. Ma se gli specchi 2.0 impiegarono quattro secoli prima di raggiungere la grande diffusione, la velocità dei progressi tecnologici fa presagire che, per chiedere “come sto” a noi stessi, dovremmo aspettare molto meno.

 

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