ROMA – Chi ha una casa a Pistoia, Pesaro o Messina farà bene a cominciare a preoccuparsi mentre, al contrario, chi possiede un immobile tra Mantova, Padova e Pordenone può dormire sonni relativamente più tranquilli. E’ il primo impatto della riforma del catasto prossima ventura. Quella riforma che dovrà riavvicinare i valori catastali degli immobili italiani ai valori di mercato e, là dove oggi il valore catastale è più distante da quello reale, è lecito aspettarsi rincari più alti in termini di tasse sulla casa, cioè in termini di Tasi.
La Commissione Finanze del Senato ha appena dato il via libera, proprio venerdì scorso, al primo decreto attuativo della riforma. Riforma che quindi impiegherà ancora del tempo prima tradursi in realtà ma che, una volta a regime, e una volta che avrà armonizzato i valori di mercato e quelli catastali, avrà dei riflessi nei portafogli degli italiani.
Avvicinare infatti il valore catastale a quello reale serve infatti ad avere una base più realistica su cui lo Stato potrà calcolare le imposte sugli immobili e, anche se è prevista la cosiddetta invarianza di gettito, è previsto cioè che se oggi il monte tasse sulla casa fornisce alle casse pubbliche un introito X, questo introito non varierà a riforma finita, questo non vuol dire che tutti domani pagheranno quanto pagavano ieri. E’ infatti abbastanza evidente che la riforma in questione dovrà sanare quegli squilibri che oggi esistono, squilibri per cui due case molto simili se non uguali pagano tasse differenti in virtù delle diverse collocazioni catastali. Pur con l’invarianza di gettito appare quindi ovvio che, domani, ci sarà chi pagherà più rispetto ad oggi e chi meno.
Per provare a capire chi andrà incontro agli aumenti e chi invece ai risparmi il Sole24Ore pubblica oggi una sorta di guida.
“La graduatoria elaborata dal Sole24Ore del Lunedì – scrivono Cristiano Dell’Oste e Giovanni Parente -considera tutte le abitazioni accatastate nel gruppo A per ogni Comune, e confronta i valori fiscali con i prezzi medi rilevati e rielaborati da Nomisma e aggiornati al secondo semestre 2013, tenendo conto anche della diversa superficie degli immobili. ‘Parliamo di dati medi, ma questo è l’unico modo di confrontare la realtà del Catasto e del mercato. Il risultato di questa elaborazione restituisce una misura della sperequazione tra città diverse, che spesso applicano le stesse aliquote Imu. Inoltre, non bisogna dimenticare le differenze esistenti all’interno delle singole città’, commenta Luca Dondi, direttore generale di Nomisma”.
Ed in base a questa stima i capoluoghi che devono sentirsi più preoccupati sono appunto Pistoia, Pesaro e Messina. Sono questi infatti i tre capoluoghi di provincia in cui i valori catastali sono più lontani dalle quotazioni medie di mercato, con un divario che nel caso di Pistoia sfiora il 300 per cento. A Pistoia, ad esempio, si pagano l’Imu e la Tasi su una base imponibile media di circa 73mila euro, a fronte di un valore di mercato medio stimato a 281mila. All’estremo opposto della classifica, a Pordenone, l’imponibile è invece di 126mila euro rispetto a un prezzo di 150mila euro.
“Per avere un’idea della situazione nei singoli Comuni – scrivono ancora Dell’Oste e Parente – si può guardare alle case iscritte in categoria A/2 e A/3, che nel complesso pesano per l’80% di tutte le abitazioni: le prime hanno rendite catastali mediamente più alte delle seconde, ma il problema è che spesso i valori di mercato sono identici. Quindi chi oggi possiede una A/3 beneficia di una sorta di sconto fiscale improprio rispetto al vicino di casa che vive in una A/2, ma – quando la riforma sarà a regime – rischia i maggiori rincari. Anche se poi, a ben vedere, anche il valore fiscale delle case in A/2 è distante da quello di mercato. Diventa decisivo, allora, capire quanto inciderà l’aumento e per quanti proprietari. A Cuneo, ad esempio, una casa su tre è in A/3 e il divario medio rispetto ai prezzi di mercato tocca il record del 366 per cento. Nella stessa città, però, una casa su due è in A/2 e il divario è pur sempre molto alto, oltre il 140 per cento. Sorprende anche la diversa diffusione delle due categorie catastali tra un centro e l’altro. Solo per fare un esempio, a Bologna il 70% delle abitazioni è in A/3, a Milano il 62% e a Napoli il 21 per cento. Dati come questi significano che la correzione della base imponibile interesserà in modo più o meno marcato un numero molto diverso di proprietari tra una città e l’altra. Ma sarà tutto l’approccio a cambiare, con una nuova classificazione delle diverse tipologie di edifici, che dovrà tenere conto anche della situazione delle diverse microzone cittadine”.
Cercando nella “classifica” le città maggiori, troviamo al 12° posto, ed essere nelle zone alte in questo caso non è un bene, Palermo, dove la distanza tra valore catastale e di mercato e al 196%. In 23° posizione Napoli, con una differenza del 147%, e in 35° Firenze , 136%. E poi Milano, posizione 41 e differenza pari al 129%.
Più staccate, e quindi verosimilmente più tranquille, Roma, 55° con il 111%, e Bologna, 63° al 98%. Mentre, al limite della serenità, Bari e Torino, rispettivamente 86° e 98° con il 65% e il 51% di divario tra i due valori.
E se per la riforma del catasto dovremo aspettare almeno le tasse del 2015, non esattamente sereni possono dirsi gli italiani per quanto riguarda invece l’anno in corso. Dopo il pasticcio dei versamenti di giugno infatti, i Comuni devono, anzi dovrebbero decidere le regole per il versamento della Tasi a ottobre, comunicandolo entro il 10 settembre al ministero. Ma più del 60 per cento degli oltre ottomila Comuni italiani non ha ancora deciso nulla in merito e dovrebbe invece deliberare entro il 20 agosto. Pena prevedibili confusioni e incertezze anche al prossimo versamento.