ROMA – Sabato 9 gennaio. Panettone mangiato, ma ancora da digerire. Sarà il sabato dell’allenatore morto. Alle 23, minuto più minuto meno, sarà finita Roma-Milan, anticipo tra le due grandi deluse. Soprattutto anticipo tra le due panchine più traballanti che ci sono in serie A, quella di Rudi Garcia e quella di Sinisa Mihajlovic (sì, d’accordo, ci sarebbe il caso Ballardini-Iachini a Palermo, ma con Zamparini non è proprio una notizia).
Il primo, Garcia, balla già da questa estate. Dopo un secondo posto confermato vincendo un derby. Ma a distanza siderale dalla Juve. Garcia sembrava destinato ad essere sostituito ma allora le cose non andarono così. A dire il vero la Roma ci ha in qualche modo provato. Ha provato ad avere botte piena e moglie ubriaca facendo dimettere Garcia. Gli ha tolto il preparatore atletico da lui tanto voluto, gli ha affidato uno staff scelto dalla società. Ha organizzato riunioni tecniche senza di lui. L’allenatore ha finto di non vedere, ha ingoiato il boccone amaro senza battere ciglio ed è rimasto al suo posto. Premessa per una stagione che, nonostante i pronostici di tanti addetti ai lavori, si sta rivelando un flop tra imbarcate (Barcellona) ,figuracce (Spezia), gol incassati a valanga e squadra che non ha né capo né coda.
La sensazione è che la Roma si sia presentata ai nastri di partenza con un allenatore già “vecchio”, intristito, sfiduciato e prevedibile.
L’esatto opposto di quanto accaduto al Milan. Eppure Mihajlovic balla di più di Garcia. Un paradosso per uno che si era presentato come l’ennesimo rifondatore. Dopo i vari Inzaghi e Seedorf. A Milanello erano sicuri che Mihajlovic fosse quello giusto. Ci hanno messo anche i soldi. Tanti, per la prima volta dopo anni. Per prendere, oltre a Bacca e Adriano, anche due giocatori della Roma, quel Bertolacci e quel Romagnoli che male male non vanno, ma che certo 50 milioni in due non hanno proprio mostrato ancora di valerli.
Ad accomunare Mihajlovic e Garcia, alla fine, ci sono un paio di aspetti inquietanti: l’assenza di gioco unita alla retorica della grinta. Dopo una sconfitta o una prestazione imbarazzante i discorsi dei due non sono mai, o quasi, tattici. E’ sempre un problema di rabbia, grinta, cattiveria. Non a caso il Mihajlovic traballante tira fuori i leoni, il Garcia traballante si affida alla vecchia (stantia) immagine dei lupi. La cosa più “calcistica” che notano è l’errore individuale. Ma le squadre sono meccanismi che funzionano in altro modo. Lo sanno. Sanno che è il loro punto debole, eppure tacciono.
Sabato alle 23 sapremo chi dei due è destinato a saltare. Se Mihajloivc perde allora “agonia finita”, come annunciato dallo stesso tecnico prima della sconfitta in casa col Bologna. Due i nomi pronti subito: Lippi e l’ex Christian Brocchi. Se Garcia perde persino la tenace ostinazione dei dirigenti della Roma a tenere Garcia contro ogni evidenza empirica dovrà cedere. Per un Garcia che salta c’è uno Spalletti pronto a tornare a Trigoria. E in quel tornare c’è tutta l’indecisione dei dirigenti della Roma. Fu ritorno quello di Zeman e fu un assoluto, totale e sconfortante disastro. Spalletti è altro tipo di allenatore. Ma a Trigoria sono scottati. E, dettaglio non trascurabile, ci sarebbe una mezza intesa con Conte che prima di luglio a Roma proprio non può arrivare.
E se pareggiano? Ecco, se pareggiano può succedere ciò che la maggior parte dei tifosi di Roma e Milan proprio non vogliono. Che entrambe le squadre continuino coi loro conduttori tutta grinta e niente gioco. Che continuino a vivacchiare, ai margini della zona Champions la Roma, ai margini della zona Europa League il Milan. Anno di transizione, dicono nelle società. Anno buttato via, dicono i tifosi. Soprattutto a Roma.