Consiglio di Stato, braccio di ferro fra giudici togati e Giuseppe Conte

Non passa la nomina a consigliere di Stato di un avvocato amministrativista segnalato da Conte.

Un avvocato amministrativista ancora giovane al Consiglio di Stato per nomina governativa? No grazie, hanno risposto da Palazzo Spada. Così il Consiglio di Stato ha dato un dispiacere a Giuseppe Conte. Che era ornato a sollecitare la nomina a Consigliere di Stato dell’avvocato Luca Di Raimondo.

Egli è titolare di uno studio che patrocina molte cause dinanzi ai giudici amministrativi di primo e di secondo grado. La bocciatura è venuta dal plenum del Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa, l’organo di autogoverno dei giudici amministrativi.

Troppo giovane a 50 anni

Nel corso della discussione, la maggioranza ha sottolineato l’inopportunità di aprire le porte di Palazzo Spada ad un avvocato cinquantenne. Che è quotidianamente presente nelle aule dei Tribunali Amministrativi Regionali e del Consiglio di Stato.

E non ha esitato a confermare una precedente decisione del 17 luglio. Quando si era pronunciata negativamente sulla proposta proveniente da Palazzo Chigi.

Qualcuno, abituato a vedere proposte da Palazzo Chigi personalità con vasta esperienza e studi solidi, ha aggiunto che forse, anche per ragioni anagrafiche, il candidato di Conte non ha ancora acquisito sul campo meriti tanto particolari da rendere giustificabile il suo accesso, per decreto governativo, nel Supremo consesso dei giudici amministrativi.

Nello scrutinio con voto segreto, la somma di contrari e astenuti nella votazione ha superato i favorevoli. Il voto segreto era stato richiesto da quattro componenti dell’organo di autogoverno a garanzia di una maggiore libertà nell’espressione di un giudizio sulla persona,

Conte insisterà presso il Consiglio di Stato?

Per questo la Presidenza del Consiglio potrebbe ancora insistere sul nome di Di Raimondo fidando su una evidente frangia di “filogovernativi”. Non solo tra i laici. Disponibili a chiudere un occhio sulla evidente inopportunità di far rivestire la toga di giudice a chi ancora indossa quella di avvocato patrocinante dinanzi alla stessa magistratura.

Ma il buon gusto non è di questa stagione della politica e Di Raimondo. Che pure dovrebbe aver compreso che a Palazzo Spada i togati non lo vogliono come collega, non sembra disponibile a fare un passo indietro.

Come anche il premier che del Consiglio di Presidenza della Giustizia amministrativa è stato componente con funzioni di Vicepresidente. Ma che, evidentemente, non prova imbarazzo.

(da La Verità del 22 settembre 2020)

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