ROMA – La Corte dei conti non deve mettere il naso nelle porcherie degli amministratori di società a partecipazione pubblica? Perché? si chiede Salvatore Sfrecola che ha scritto questo articolo e lo ha pubblicato anche sul suo blog Un Sogno Italiano.
C’è un “intento lobbistico” dietro l’esclusione della giurisdizione della Corte dei conti dalla disciplina della responsabilità degli amministratori delle società a partecipazione pubblica all’o.d.g. di un prossimo Consiglio dei ministri? Sono in molti ad esserne convinti dopo che l’art. 3 della legge n. 220/2015 ha aggiunto nel decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177 (T.U. della radiotelevisione), l’art. 49-bis (Responsabilità dei componenti degli organi della RAI-Radiotelevisione italiana Spa) il quale prevede al comma 1 che
“L’amministratore delegato e i componenti degli organi di amministrazione e controllo della RAI-Radiotelevisione italiana Spa sono soggetti alle azioni civili di responsabilità previste dalla disciplina ordinaria delle società di capitali”.
Tradotto in parole semplici, nei confronti degli organi di gestione della RAI come delle altre società pubbliche (la riforma che il Consiglio dei ministri si appresterebbe ad adottare sulla scorta di tale precedente) l’azione di responsabilità per danno non potrà essere esercitata dal Pubblico Ministero presso la Corte dei conti (che nel 2010 aveva convenuto in giudizio e ottenuto la condanna per oltre 10 milioni di euro dell’intero Consiglio di amministrazione della RAI) ma nelle forme ordinarie delle società di capitali.
Quale la differenza? Sostanziale. L’azione sociale di responsabilità per il risarcimento del danno è promossa a seguito di deliberazione dell’Assemblea (art. 2393, c.c.) o del collegio sindacale o dai soci che rappresentano un quinto del capitale (art. 2393-bis, c.c.), quindi da coloro che hanno nominato quegli amministratori con scelta politica ampiamente discrezionale tra soggetti “di area”.
Un’azione che oggi, come insegna l’esperienza, non viene esercitata. Solamente l’attribuzione ad un organo pubblico – il pubblico ministero appunto – tenuto all’esercizio dell’azione (obbligatoria) garantisce l’effettività della tutela del socio pubblico.
Un esempio, il caso ATAC a Roma, di cui abbiamo letto nelle cronache giudiziarie penali, era stato oggetto di una citazione in giudizio da parte della Procura regionale della Corte dei conti per il Lazio che aveva individuato un rilevante danno erariale nell’acquisto e nella manutenzione delle vetture. Ma su ricorso dei presunti responsabili le Sezioni Unite della Cassazione hanno affermato che il danno rilevato dal P.M. contabile non era all’ente (Comune di Roma) ma all’azienda, con esclusione quindi della giurisdizione contabile.
Un orientamento giurisprudenziale, il quale si basa sulla natura “privata” dell’azienda che gestisce denaro “pubblico”, che i cittadini contribuenti, tartassati anche a causa degli sprechi degli enti pubblici, hanno sempre più difficoltà ad accettare. Il Comune di Roma, infatti, è socio unico di ATAC ed è evidente che solo formalmente il danno è alla società perché in effetti è al comune che, in qualche modo, dovrà ripianare le perdite di gestione.
È quanto con molto garbo fa osservare in un comunicato l’Associazione Magistrati della Corte dei conti che, nel prendere posizione critica sull’imminente approvazione, da parte del Consiglio dei Ministri, del T.U. in materia di società a partecipazione pubblica, manifesta “ancora una volta, forte preoccupazione per le predette disposizioni che incidono negativamente sulle funzioni giurisdizionali e di controllo in materia”.
E “nel ribadire che la Corte dei conti ha sempre denunciato gli sprechi, le cattive gestioni ed i gravi abusi che si sono verificati nel settore con danni per diversi milioni di euro, adoperandosi efficacemente per il recupero delle risorse pubbliche ed il risarcimento dei danni, richiama l’attenzione sulla circostanza che molti dei settori affidati alle predette società, come quello dei rifiuti e del loro smaltimento, sono particolarmente esposti a fenomeni di corruzione e di malaffare”.
Osserva ancora l’Associazione che “nell’attuale situazione nella quale, a causa della limitatezza delle risorse si comprimono bisogni essenziali della collettività è imprescindibile l’esigenza, anche per realizzare quell’indispensabile effetto di deterrenza, che la tutela sia posta in essere attraverso un’azione efficace a carattere pubblico, quale è quella del PM contabile, sì da evitare che lo schema ed il modello privatistico diventino il mezzo attraverso il quale venga meno, sostanzialmente, il risarcimento, spesso di rilevante entità, del danno erariale che resterebbe affidato, esclusivamente all’azione dei soci”.
La lobby degli amministratori pubblici messi in campo dai politici, dunque, ha colpito ancora. E all’Associazione non rimane che sensibilizzare l’opinione pubblica facendo conoscere i risultati fin qui raggiunti, sia in sede giurisdizionale che di controllo, nonostante le esigue forze in campo.