Femminicidio, un pezzo del problema violenza: manca lo Stato, non le leggi

di Salvatore Sfrecola
Pubblicato il 28 Agosto 2013 - 04:26 OLTRE 6 MESI FA
Femminicidio, un pezzo del problema violenza: manca lo Stato, non le leggi

Paola Maria Zerman: crimini sono sempre quelli, l’autorità dello Stato è assente

L’ipocrisia del decreto sul “femminicidio” è un tema importante per Paola Maria Zerman, Avvocato dello Stato, direttore del giornale on-line www.lafamiglianellasocieta.org, che ne è tornata a scrivere su Avvenire.

Il titolo, “Femminicidio, incidere sulle cause”, conferma la posizione critica dell’autrice sulla normativa appena varata dal Governo. Zerman ritiene che “in questo, come in altri casi, l’azione politica manifesta inadeguatezza rispetto a un fenomeno assai più ampio di quello che, come la punta dell’iceberg, emerge con prepotenza fino a diventare un’emergenza sociale”. E riprende il tema della “mancanza di una politica di sostegno alla famiglia, che risolva alla radice fattori di tensione che – se esasperati – mettono in seria difficoltà la vita della coppia”.

In sostanza, senza ricondurre gli atroci delitti che la cronaca ci ha consegnato nei mesi scorsi alle difficoltà economiche e sociali delle famiglie in mancanza di adeguate “politiche” che ne allevino in qualche misura gli oneri, la tesi è che la crisi economica, la disoccupazione crescente e la perdita del senso dei valori fondamentali, come quello della legalità, costituiscano in qualche modo il contesto nel quale spesso maturano esasperazioni che, in individui privi di equilibrio o con equilibrio precario, sfociano in atti indicibili di violenza sul partner o addirittura sui figli.

È evidente che non tutte le azioni delittuose, che non sono di oggi e che hanno visto una accelerazione di iniziative penalistiche, dal c.d. stalking al decreto sul “femminicidio” sono riferibili a crisi della coppia per difficoltà economiche e sociali, per la mancanza delle “politiche” che l’avv. Zerman giustamente lamenta. Ci sono sempre, infatti, persone che hanno gravi carenze mentali, che se non usassero violenza alla moglie o alla fidanzata probabilmente rivolgerebbero un’arma nei confronti del vicino di casa padrone del cane che abbaia o dell’automobilista che ne disturba la guida.

Ma anche in questo caso c’è un’evidente carenza di presenza pubblica sui temi della sicurezza. Perché troppe volte i violenti si erano palesati ed erano stati denunciati all’Autorità, senza che questa sia intervenuta. Segno che manca un monitoraggio dei disagi sociali e mentali, che non c’è adeguata prevenzione nei confronti di chi ha difficoltà psicologiche o psichiatriche, se non inviato alle apposite strutture a seguito di intervento obbligatorio dell’Autorità. Casi rari, per cui il più delle volte l’intervento è drammaticamente tardivo anche per la difficoltà, spesso effettiva, di distinguere verità e sospetto nelle denunce.

In ogni caso Paola Maria Zerman, che dal 2003 al 2006 ha coordinato i gruppi di lavoro nell’ambito della Commissione sulla famiglia della Vice Presidenza del Consiglio, coglie certamente nel segno importante quando segnala l’insufficienza delle politiche familiari che devono essere riguardate sotto molteplici profili, a partire da quello fiscale, del lavoro, dell’istruzione e dell’assistenza, come correttamente delineati dalla Costituzione negli articoli da 29 a 31, sotto il titolo “rapporti sociali”.

Nel suo precedente articolo, come in quello ospitato da Avvenire, Paola Zerman non dice che la Commissione di palazzo Chigi aveva elaborato uno schema di disegno di legge in tema di “Statuto dei diritti della famiglia” al quale avevano dato adesione illustri personalità del diritto e della politica, un testo normativo che avrebbe risolto molti problemi, con facilità, il più delle volte senza oneri per il bilancio dello Stato. Fu inopinatamente buttato a mare da chi, Gianfranco Fini, lo aveva voluto e sollecitato prima della “conversione” ad un’idea di destra radicale e anticlericale (come se la famiglia fosse un problema dei cattolici), che lo aveva portato a votare “no” nel referendum sulla procreazione assistita.

Una battaglia sulle politiche per la famiglia avrebbe dato un esito diverso alle elezioni del maggio 2006, perse per un pugno di voti, al termine di una legislatura nella quale neppure il cattolico Pierferdinando Casini aveva saputo imporsi sul tema delle politiche familiari al quale pure era stato sollecitato.

Errori su errori, dunque, incapacità di percepire i problemi veri della società difficile dei nostri tempi nei quali famiglia, lavoro, fisco e sicurezza sociale sono aspetti inscindibilmente connessi in funzione di un progresso solido ed equilibrato. Perché non prevalgano gli sprechi voluti dalle lobby di interessi privati e illeciti, resi evidenti da alcuni dati che non si possono ignorare: 200 miliardi annui di evasione fiscale, oltre 60 di sprechi e corruzione. Le cifre della vergogna.