Mendicanti in strada schiavi del racket, problema di ordine pubblico non carità

di Salvatore Sfrecola
Pubblicato il 26 Agosto 2014 - 07:27 OLTRE 6 MESI FA
Mendicanti in strada schiavi del racket, problema di ordine pubblico non carità

Mendicante in strada: sono schiavi del racket, il loro è un problema di ordine pubblico non carità

Salvatore Sfrecola ha pubblicato questo articolo anche sul suo blog, Un sogno italiano, col titolo: “Ordine pubblico e carità. Il Sindaco di Pavova, Bitonci, contro gli schiavisti dell’accattonaggio”

È oggetto di vivace dibattito e di non poche polemiche l’iniziativa, preannunciata dal sindaco di Padova, Massimo Bitonci, di modificare il regolamento della Polizia Municipale per inserire il divieto di accattonaggio.

Le ragioni del Sindaco nascono da una iniziativa dell’allora Ministro dell’interno Annamaria Cancellieri la quale nel 2012 aveva segnalato che dietro la accattonaggio ci sono “interessi criminali che finiscono per colpire le persone più fragili e indifese, portatrici di handicap, minori di varie nazionalità ed etnie, coinvolti fino al loro inserimento nei circuiti del lavoro forzato”.

Aveva spiegato il Ministro che lo “sfruttamento” poteva essere contrastato “anche con specifiche ordinanze adottate dai sindaci in base all’articolo 54 del testo unico degli enti locali”. Di qui l’iniziativa del sindaco leghista di Padova, che aveva già sperimentato una iniziativa simile adottata con ordinanza a Cittadella, dove aveva ricoperto la carica di primo cittadino.

Sono iniziate immediatamente le proteste di ambienti cattolici, come la Charitas che hanno sostenuto che esiste una sorta di diritto dei poveri di chiedere l’elemosina ed è stato fatto presente che proprio nell’attuale momento storico aumenta il numero delle persone che hanno bisogno di aiuto e si rivolgono alla carità.

Il problema posto dal sindaco ha una connotazione di ordine pubblico perché non c’è dubbio che dietro molti mendicanti ci sia una organizzazione criminale che li sfrutta.

Abbiamo notato più volte, anche a Roma, come nelle strade del centro storico in particolare vi siano persone, prevalentemente donne, inginocchiate come in preghiera per molte ore al giorno. Ed è certo che l’ampiezza del fenomeno riconduce ad iniziative criminali di sfruttamento di queste persone, spesso extracomunitari, portatrici di handicap scelte per muovere a compassione i passanti.

Conciliare le ragioni dell’ordine pubblico e la tutela delle persone deboli che vengono utilizzate per l’accattonaggio certamente in una condizione di costrizione, con la cristiana pietà nei confronti dei poveri e dei bisognosi non è facile.

Ma è certo che un’attività criminale evidente non può essere ignorata e tollerata dall’autorità pubblica, sia per il fatto in sé, sia per la possibilità che queste persone siano utilizzate anche ad altri fini, ad esempio per monitorare la presenza di soggetti che possono essere obiettivo di rapine o di furti.

È certo che nella città del Santo tra i più venerati, quell’Antonio al quale si rivolgono con fiducia milioni di devoti, le misure che il sindaco vuole adottare contro i mendicanti hanno prodotto un particolare effetto considerato che tradizionalmente intorno alla Basilica a lui intestata ed alle chiese della città stazionano numerosi questuanti.

L’iniziativa dell’autorità pubblica potrà tuttavia essere conciliata con la tradizionale carità delle parrocchie, nel senso che i veri poveri potranno rivolgersi alle strutture assistenziali del mondo cattolico e laico, che assicureranno ai bisognosi quell’obolo che non potrà più essere consegnato nelle strade e nelle piazze.

I fedeli, in questo modo, avranno la possibilità di riservare alle organizzazioni parrocchiali quel contributo di solidarietà che intendono destinare ai cittadini più bisognosi.

In questo modo darà possibile conciliare l’esigenza di ordine pubblico e di tutela delle persone “arruolate” dalla criminalità che ha mosso il sindaco di Padova Massimo Bitonci con la pietà cristiana per coloro che chiedono un aiuto in denaro.

Quella assolutamente da evitare è una guerra tra l’autorità politica e le associazioni e gli ambienti dediti alla carità le quali devono comprendere le ragioni dell’intervento pubblico che vuole semplicemente evitare che persone bisognose, in condizioni di salute precarie, siano sfruttate da organizzazioni criminali per gestire un accattonaggio che evidentemente è organizzato e, come tale, non può essere tollerato. Prima di tutto per un motivo di civiltà.

Perché non possiamo ignorare che molti dei questuanti non sono liberi ma schiavi delle mafie della carità.