Pensioni d’oro. Se anche Elisabetta Gualmini si iscrive al partito dell’odio…

di Salvatore Sfrecola
Pubblicato il 14 Maggio 2015 - 09:26 OLTRE 6 MESI FA
Pensioni d'oro. Se anche Elisabetta Gualmini si iscrive al partito dell'odio...

Pensioni d’oro. Se anche Elisabetta Gualmini si iscrive al partito dell’odio…

ROMA – Salvatore Sfrecola ha pubblicato questo articolo anche sul suo blog, Un sogno italiano col titolo: Con la scusa del costo delle pensioni c’è chi pesca nel torbido. Si profila uno scontro fra generazioni.

In questi giorni si va profilando in alcuni ambienti politici e negli interventi di alcuni commentatori quello che appare, anche all’osservatore più distratto, il tentativo di fomentare uno scontro tra generazioni. L’occasione è la sentenza della Corte costituzionale, che ha giudicato contraria ai principi della Carta fondamentale della Repubblica la cosiddetta legge Fornero che ha attuato, a fini di risparmio della spesa pubblica, il blocco delle rivalutazioni delle pensioni superiori a tre volte quelle minime. Intorno a 1500 euro lordi.

Mentre il Ministro dell’economia Padoan si mostra preoccupato dell’effetto della sentenza sui conti pubblici, senza peraltro indicare l’esatto ammontare di quanto va corrisposto ai pensionati in esecuzione della pronuncia della Consulta, dati che possiede perché contenuti nella relazione tecnica che ha accompagnato la proposta Fornero in Parlamento, cominciano a sentirsi preoccupanti affermazioni che tendono a mettere l’un contro l’altro i giovani e i pensionati. Dice, per esempio, Elisabetta Gualmini, già Presidente dell’Istituto Cattaneo ed oggi vicepresidente della Giunta della Regione Emilia-Romagna, intervenuta ad OmnibusLa7, che mentre si parla di restituire ai pensionati il maltolto nessuno pensa ai giovani. Affermazione gravissima che distorce la realtà nel tentativo spregiudicato di allontanare la responsabilità della situazione dal Governo e dalla sua maggioranza.

È evidente, infatti, che le due situazioni non sono comparabili. Da una parte c’è un diritto leso da una norma che non ha tenuto conto di diritti acquisiti, costruiti a misura di contributi definiti sulla base di leggi, diritti che vanno ripristinati, dall’altro c’è un’esigenza sociale sentitissima che quella di mettere a disposizione dei giovani posti di lavoro in un quadro di sviluppo dell’economia.

Esigenza che sentono soprattutto “nonni” e “padri”, cioè i pensionati, che suppliscono, con le loro modeste risorse, che non possono essere definite “d’oro”, alle esigenze di quanti non hanno o hanno perso il lavoro con una solidarietà tra le generazioni che sarà sicuramente ridotta se non dovesse arrivare la rivalutazione delle pensioni in conseguenza della sentenza della Corte costituzionale.

Tutto ciò in assenza di adeguati interventi di Governo e Parlamento i quali, ciascuno per la propria parte di responsabilità, hanno il dovere di costruire le condizioni per le quali l’economia italiana si riprenda, favorendo l’aumento dell’occupazione, un’occupazione che non può prescindere da un incremento dei consumi e, quindi, dall’aumento della produzione. Oggi noi assistiamo agli effetti, probabilmente purtroppo temporanei, di una rinnovazione di contratti resa possibile da incentivi alle imprese che assicurano gravi fiscali e contributivi a tempo dei quali gli imprenditori si giovano. È una scommessa sul futuro, perché è evidente che se non ci sarà ripresa della produzione quei contratti saranno naturalmente risolti allo scadere dei benefici.

Questo scontro tra generazioni che si va delineando, gravissimo nelle parole di una studiosa come la Gualmini, è espressione di un modo di fare politica introdotto da Matteo Renzi che fin dall’inizio si è esercitato nella demonizzazione di categorie nei confronti delle quali ha esercitato forme di aggressione, a volte violenta, come nei confronti dei dipendenti pubblici, dei cosiddetti “mandarini”, dei magistrati per i quali è giunto ad usare argomenti non solo infondati ma addirittura ridicoli, come quello di confondere le ferie con il periodo di sospensione dei termini giudiziari, una norma che interessava soprattutto gli avvocati.

La politica di mettere contro tra loro le categorie, anche sulla base di contrapposizioni artificiose, è uno strumento politico di corto respiro che nasconde il tentativo di eludere riflessioni serie sulle cose da fare per questo Paese che ha bisogno di interventi profondi in vari settori, dalla sanità alla giustizia, dal turismo alla scuola che, nella realtà, restano al palo e costituiscono una vera e propria occasione mancata. Gli ultimi due esempi, il turismo e la scuola, sono emblematici di questa incapacità di andare al di là degli slogan, delle affermazioni pure condivisibili dietro le quali appare il nulla se non una sorta di controriforma pericolosa.

Il turismo che, originato essenzialmente dall’immensa ricchezza del nostro patrimonio storico artistico, è la cenerentola della politica governativa quando potrebbe assicurare migliaia di posti di lavoro. La scuola, alla quale ogni governo serio dovrebbe guardare con la massima attenzione perché è lì che si formano i cittadini e i futuri professionisti è oggetto in questi giorni di demagogiche affermazioni che non hanno convinto famiglie, studenti e professori i quali ultimi stanno attuando una protesta che potrebbe dare brutte sorprese al Presidente del Consiglio e Segretario del Partito Democratico la cui popolarità in calo potrebbe ulteriormente diminuire a breve.