Quirinale -8. A pochi giorni ormai dalla prima riunione del Parlamento in seduta comune, convocato per l’elezione del successore di Sergio Mattarella, il “totopresidente” continua ad arricchirsi di possibili candidati.
Di essi, scrive Salvatore Sfrecola su La Verità, si ricorda il cursus honorum mettendo in risalto le diverse, ipotetiche maggioranze che potrebbero votarli. E si nota che, mentre alcuni dicono e fanno scrivere in favore della propria candidatura, altri affidano al silenzio le loro chance.
Tuttavia, nessuno dice o fa scrivere come intende esercitare il ruolo di Presidente, osserva Giuseppe Valditara, professore di diritto romano a Torino e leader di “Lettera 150”. Né qualcuno dei “quirinalisti” si chiede quale potrà essere il rapporto del futuro Presidente con la maggioranza che lo avrà eletto o che sarà determinante nella sua elezione, ancorché decisa da un più ampio concorso di forze politiche.
Il Presidente – Capo dello Stato, infatti, non è, e non è mai stato nella realtà, estraneo alla sua provenienza politica. E non si potrebbe pretendere che lo sia, perché una personalità di una qualche caratura, che ha militato per anni in una forza politica assumendo in essa anche significative responsabilità parlamentari o governative, ovvero incarichi istituzionali, come quello, ad esempio, di Giudice costituzionale eletto dal Parlamento, non può improvvisamente diventare quel personaggio neutro e neutrale di cui leggiamo nei libri di diritto costituzionale, che spiegano quali sono le attribuzioni del Presidente ai sensi dell’art. 87 della Costituzione.
Perché il Capo dello Stato in primo luogo “rappresenta l’unità nazionale”, il che significa, secondo la dottrina classica, che a lui spetta assicurare la continuità e permanenza dell’unità statale, quale “custode” della Costituzione. Sicché si è parlato anche di “patriottismo costituzionale”, cui è stata improntata l’a<ione dei Presidenti Ciampi, Napolitano e Mattarella, nella preoccupazione costante che non si stravolgano gli equilibri della Costituzione formale.
Secondo altro orientamento la rappresentanza dell’unità nazionale sarebbe a fondamento di un rapporto diretto con l’opinione pubblica. Il Presidente, in sostanza, darebbe voce alle esigenze che provengono dalla società civile ed ai valori che esprime. In questo senso sono state lette talune iniziative dei Presidenti Pertini e Cossiga, convinti di essere legittimati a parlare in nome del Paese non soltanto per recepirne gli orientamenti ma piuttosto per influenzarli anche in contrapposizione ai partiti ed alla maggioranza del momento.
È evidente, e in questo senso va letta la sollecitazione di Valditara, che i partiti ed i cittadini hanno il diritto di sapere come il Presidente interpreterà il suo ruolo, nella prospettiva della maggioranza che lo ha eletto e che a lui affida una qualche garanzia di continuità in vista della successione, considerato che il settennato presidenziale attraversa ordinariamente almeno due legislature.
I costituzionalisti, infatti, hanno preso atto che si è andato configurando un “indirizzo presidenziale”, sia pure a contenuto “culturale”, attraverso interventi e silenzi che nell’attività quotidiana secondo alcuni (ad esempio Baldassarre) attuerebbe un vero e proprio “indirizzo politico” anche contro i soggetti legittimati dalla Costituzione, così confermando quel giudizio di ambiguità del testo costituzionale che rende difficile una ricostruzione unitaria della figura del Presidente nel contesto della forma di governo parlamentare, che vede la responsabilità politica dell’esecutivo e l’irresponsabilità del Presidente per gli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni (art. 90 Cost.).
Non c’è dubbio, infatti, che l’indirizzo presidenziale, lo si definisca culturale o politico, finisce per influenzare la vita politica delineando un orientamento che lo colloca all’interno di un ben determinato quadro di riferimento ideologico. Ciò che il Presidente fa in vario modo, intervenendo con messaggi e discorsi ad iniziative culturali o rievocative di eventi storici, attraverso colloqui o visite che effettua o personaggi che riceve al Palazzo del Quirinale.
Perfino quando concede la grazia, commuta le pene o conferisce le onorificenze della Repubblica il Presidente fa politica. Ed i cittadini hanno l’esigenza di sapere prima dell’elezione a quali valori i candidati palesi o in pectore intendono riferirsi, ad esempio in rapporto ai diritti di libertà ed ai tempi ed alle modalità della loro eventuale limitazione quando un’emergenza lo imponga. Come il Presidente intende il suo ruolo in sede di emanazione dei decreti d’urgenza del Governo, perché anche solo un minuto non giustificato di compressione dei diritti rinnega la cultura liberale e parlamentare dello Stato nato dal Risorgimento nazionale.
Ugualmente i cittadini vorrebbero sapere se la separazione dei poteri sarà presidiata e come, considerato che la Presidenza del Consiglio Superiore della Magistratura è stata a volte interpretata, almeno così è parso a gran parte dell’opinione pubblica, come onorifica, sostanzialmente notarile, nonostante l’importanza del ruolo dell’organo che gestisce momenti fondamentali del funzionamento della magistratura, come quello dell’assegnazione dei candidati a funzioni di vertice degli uffici giudiziari o dell’esercizio dell’azione disciplinare attraverso la quale si tutela l’immagine stessa dell’Ordine giudiziario e la sua credibilità agli occhi dei cittadini.