“Rinascimento”, un libro di Vittorio Sgarbi e Giulio Tremonti, un manifesto culturale che è anche un programma politico

di Salvatore Sfrecola
Pubblicato il 14 Ottobre 2017 - 09:53 OLTRE 6 MESI FA
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“Rinascimento”, un libro di Vittorio Sgarbi e Giulio Tremonti, un manifesto culturale che è anche un programma politico

È, per scelta dei suoi autori, un manifesto culturale e politico ad un tempo dal titolo che non lascia dubbi. “Rinascimento”, di Vittorio Sgarbi e Giulio Tremonti, presentato a Roma, a Palazzo Ferrajoli, per iniziativa dell’Unione Nazionale Arte Musica e Spettacolo (UNAMS) e dell’Associazione Giuristi di Amministrazione, si apre con la constatazione che “viviamo nella perfetta inconsapevolezza di cosa sia la nostra civiltà artistica”, come si legge nella introduzione. E se i partiti che sono stati espressione di cultura politica, quando si sono affidati al pensiero di Gobetti, Gramsci o De Gasperi, oggi hanno perduto quei “valori di identificazione, di riconoscimento… rimane un solo valore: la cultura”.

Da qui Sgarbi e Tremonti intendono partire, da una idea che nasce dalla constatazione che al mondo esistono potenze militari e potenze economiche ed una grande “potenza culturale”, l’Italia. Il cui valore è superiore a quella di qualunque industria, anche perché ha potenzialità in gran parte inesplorate dalla classe politica ed imprenditoriale. Potenzialità che possono dar vita ad un nuovo Rinascimento se pubblico e privato, in sinergia, riusciranno a trasformare una realtà culturale indiscutibile in un volano di sviluppo per l’economia del nostro Paese che unisce arte e cultura in un contesto paesaggistico straordinario.

“Il nostro è un patrimonio di valori di civiltà – si legge nel piego della copertina – che si può tradurre in valore patrimoniale, e gli esempi non mancano. Solo valorizzandolo l’Italia può tornare a dispiegare, con Dante, “le ali al folle volo””. Con questa frase prende avvio la seconda parte del libro, quella con la quale Giulio Tremonti apre a considerazioni più politiche che prendono le mosse dal nostro Rinascimento che fu “un fiotto di vita: sole e luce, libertà a follia, fortuna e virtù, rottura ed armonia, estetica e tecnica, recupero del sapere antico e scoperte nuove, mondo classico e mondo naturale, vita attiva e non solo contemplativa.. inquietudine spirituale e mito del rinnovo”. Insomma, sulla base di questo passato che vive nel presente, “quello che serve oggi è un sogno: qualcosa di più, di diverso e più grande”. Ma occorre una visione che vada oltre l’atmosfera cupa che caratterizza il nostro Paese “per l’effetto dei troppi conflitti, poca speranza e molta stupidità”.

Gli esempi sono nella percezione di tutti. A cominciare dalla ipertrofia legislativa che ad onta del monito di Tacito (“plurime leges corruptissima respublica”) continua ad imperversare sui cittadini e le imprese. Tremonti ha diligentemente contato le pagine della Gazzetta Ufficiale nel 2016; sono 40.508, pari a 12 chilometri lineari. Un sistema normativo che ha invertito un principio proprio degli ordinamenti democratici nei quali la regola è la libertà, l’eccezione il divieto. Dunque meno libertà, più lacci e lacciuoli in un labirinto di regole spesso incomprensibili che comunque denotano sfiducia dello Stato nei confronti dei cittadini i quali lo ripagano con uguale moneta, allontanandosi dalle istituzioni e dal voto.

In questi termini il manifesto culturale diviene politico nel senso migliore del termine che fissa le sue tappe nella prospettiva di un “nuovo Risorgimento” che metta in campo le forze migliori del Paese sulla base di un programma, delineato nel tredicesimo capitolo del libro che significativamente fa riferimento ad uno successivo “da scrivere insieme”. Sulla base di tappe di un percorso virtuoso, a cominciare dalla rimozione dalla nostra Costituzione dei “vincoli europei”. Come in Germania che ammette le regole europee solo se compatibili con i principi costituzionali interni di sovranità e democrazia. Ne deve conseguire l’affermazione della “eccezione italiana”. Tremonti spiega che questa eccezione è stata ritenuta compatibile con i “Principi fondativi” e con i “Trattati europei” nel caso del Regno Unito, prima che optasse per la Brexit.

Non sarà facile, ammette, ma se l’Europa ha fin qui dimostrato di essere debole con i forti e forte con i deboli, noi dobbiamo essere “forti, ma se del caso anche astuti”. Lavorando sui dettagli delle decisioni e facendo valere il nostro “voto-veto”.

L’obiettivo è la rimozione unilaterale automatica del Bail-in, della Bolkenstein, ancora lacci e lacciuoli, dalle motivazioni spesso incomprensibili, anzi “demenziali e negative”, come scrive Tremonti che fa derivare dalla loro cancellazione “un effetto non marginale a favore del Sud” per il quale, come era previsto nel Trattato di Roma, “si può e si deve reintrodurre un regime finanziario e fiscale speciale. Un regime che oggi sarebbe ideale per l’attrazione internazionale dei capitali. Come avviene per l’Irlanda”.

Tremonti non guarda solamente all’Europa perché torni ad essere un’opportunità e non un motivo di disagio che scatena pulsioni ostili. E chiede alla politica una “tregua legislativa” per interrompere quell’orgia di norme che impacciano cittadini e imprese e la stessa azione delle autorità pubbliche nella realizzazione degli obiettivi contenuti nel programma definito nell’indirizzo politico che scaturisce dalle consultazioni elettorali. “Nel deliro dell’attuale cialtroneria politica si è infatti perso di vista l’elementare principio per cui la ricchezza, per essere detassata o distribuita, deve essere prima prodotta e non invece, come ora, soffocata sul nascere! È inutile deliberare e finanziare investimenti – spiega Tremonti – se poi è la mano pubblica che, ferrea nelle sue regole, li blocca per anni e anni”. Quando le regole che, ovviamente, ci devono essere, sono sbagliate o inapplicabili.

In questo contesto il programma “politico” si occupa anche dei flussi migratori alla luce di attente riflessioni che giungono ad una conclusione logica e ampiamente condivisa: “non solo “aiutiamoli a casa loro”, ma anche “lasciamoli a casa loro””. Per cui di fronte alla richiesta di ius soli questo “va attribuito in funzione di presupposti specifici costituiti caso per caso dall’accettazione sostanziale e convinta degli elementi che costituiscono la nostra identità nazionale”.

Per finire, debito e patrimonio, temi sui quali, nel dettaglio, Sgarbi e Tremonti hanno idee puntuali sulla tassazione, sulla spesa pubblica e sulla circolazione del denaro contante. Ed altre proposte sulle quali riflettere “per un programma serio e non fieristico, come tanti altri purtroppo stanno facendo nella logica del tutto tutto, niente niente”.