Sanità pubblica: emergenza indecenza

Andrebbe tutto bene se non fosse che noi cittadini, per la sanità pubblica, paghiamo fior di quattrini, sotto forma di tasse. Se i problemi della sanità pubblica sono gravi in tutta Italia, ancor più gravi lo sono se si scende al Sud, epicentro Roma. Anzi è gravissimo ma nessuno se ne vergogna e, soprattutto, nessuno paga mai.

Sono disfunzioni e inefficienze che sarebbe possibile evitare: come si potrà rilevare nei due episodi che riferisco più avanti, già basterebbe un po’ di buona volontà, che vada solo un passo oltre la generosità che sconfina nella abnegazione dei singoli operatori; e poi non guasterebbe un minimo di iniziativa che trasformi il caos in un sistema organizzato.

Basterebbe un sistema informatico che dia in tempo la disponibilità di letti nei vari ospedali. Invece nulla. È una vergogna, se si pensa allo spreco di risorse che caratterizzano la sanità italiana, sempre denunciato e mai risolto, per cui una siringa, tanto per fare un esempio, viene pagata a costi incredibilmente diversi da una Asl all’altra.

L’incapacità della classe politica di rimediare a queste disfunzioni dimostra inefficienza e disonestà, perché è disonesto chi paga beni e prestazioni a costi esorbitanti, se non è ladro anche solo per pura insipienza.  È un’emergenza: tutti si dicono consapevoli tranne poi rinviare le soluzioni anzi non trovarle mai.

Vediamo due casi esemplari.

Una donna  di 89 anni, sospetta vittima di un ictus, è rimasta 15 ore su una barella nel pronto soccorso dell’ospedale di Tor Vergata a Roma. È accaduto il 9 gennaio, nel giorno del ‘blocco’ delle ambulanze. Protagonista

“una sfortunata anziana di Roma, vittima del caos generato dalla mancanza di posti letto negli ospedali della Capitale”.

Così i giornali, come fosse normale nell’anno di grazia 2012 in strutture sanitarie dai costi paurosi, che non si trovi un letto per una emergenza, che non ci sia una Stoke Unit per assicurare la sopravvivenza, in condizioni accettabili, di una persona colpita da una grave emorragia cerebrale.

L’anziana donna era stata soccorsa da 118 la sera intorno alle 22 e trasportata al policlinico di Tor Vergata. Ma da allora per oltre 15 ore, fino alle 13 del 10 gennaio, non si è mai mossa.

”Bisogna aspettare. Al momento purtroppo non abbiamo letti disponibili”,

avrebbero detto i sanitari dell’ospedale ai suoi familiari, immersi nel caos dei continui arrivi di pazienti al Dea del Tor Vergata. E quella lettiga è stata il ‘limbo’ nel quale l’anziana ha penato, alimentata da continue flebo e comunque assistita: un posto che ha dovuto tenersi stretta, visto che altrimenti non ci sarebbe stato nemmeno quello per lei.

A pazientare con lei sono stati anche gli operatori del 118, rimasti fermi con la loro ambulanza pur di permettere alla donna di avere una sorta di letto sul quale essere monitorata dai medici dell’ospedale, a causa dei problemi cerebro-vascolari. Poi intorno alle 13 la fine dell’attesa: arriva il posto letto e l’equipe di operatori in ambulanza può ripartire per il lavoro e riprendere la lettiga nuovamente vuota.

Ore di attesa che rallentano e rendono più difficile la macchina dei soccorsi a Roma e nel Lazio in generale. Ne sanno qualcosa anche i familiari e gli operatori del 118 che hanno prestato i soccorsi a una donna con un’emorragia cerebrale, trasportata in ambulanza prima da Acquapendente a Viterbo e poi al Policlinico Gemelli di Roma.

Una vicenda denunciata anche da Esterino Montino, capogruppo del Pd alla Regione Lazio. Montino ha riferito che la paziente si era sentita male alle 18 di ieri ed è arrivata a Roma intorno alla mezzanotte: ha ”viaggiato in gravi condizioni di salute sulle strade regionali per cinque ore prima essere sottoposta ad un intervento che doveva essere urgentissimo. Ora è in coma – ha spiegato Montino – A pochi metri dall’ospedale locale c’è una pista per l’eliambulanza nuova di zecca ma mai collaudata. È pronta da un anno e mezzo ma in 18 mesi non si è riusciti a interrare alcune linee elettriche che impediscono la sua attivazione. Se fosse stata utilizzabile, la donna sarebbe arrivata al Gemelli in un’ora”.

 

 

 

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