Il 14 novembre è stato una giornata di scontri tra studenti e Forze dell’Ordine ovunque in Italia, a Roma come a Torino: poliziotti feriti, anche in modo grave e poi manganellate a destra e a manca per contenere l’aggressione, per evitare concentramenti pericolosi vicino alle sedi istituzionali, per limitare i danni a persone e cose, le vetrine infrante, le auto danneggiate con bastoni e pali divelti.
È un film già visto. Da anni, da quando la protesta degli studenti mobilita anche frange estremiste organizzate per la violenza, per impaurire l’opinione pubblica con i danni alla gente per strada, ai commercianti ed alle banche. Come a Roma il 14 dicembre 2010, in una giornata di violenze mentre in Parlamento si votava la fiducia al Governo Berlusconi.
Poi le polemiche sulle violenze della polizia, manganellate a chi era già a terra, impotente di reagire.
E qui vanno fatte alcune precisazioni, per la verità e in ossequio al diritto.
Lo Stato e le autorità che ne esprimono la volontà in alcune occasioni, Polizia e Carabinieri in servizio di ordine pubblico, devono mantenere, sempre, un comportamento prudente, capace di evitare che una manifestazione di protesta si possa svolgere pacificamente, evitando che degeneri in violenze a persone e cose, isolando gli infiltrati, coloro che partecipano strumentalmente per provocare incidenti.
È facile dirlo, più difficile, nella maggior parte dei casi, per chi è sulla piazza, distinguere. Quando la folla si scatena, guidata da slogan aggressivi, i violenti che si inseriscono tra i manifestanti spesso riescono a coinvolgere gli altri che, quando la polizia cerca di isolarli, istintivamente li difendono, così determinando una situazione di rissa che facilmente degenera.
Nella rissa, quando viene identificato un violento, a volte subisce, a sua volta, violenze da parte delle Forze dell’Ordine. È il caso del giovane, ormai a terra, picchiato da alcuni poliziotti.
Non deve avvenire. Lo Stato, che non deve subire violenze e deve assicurare la sicurezza delle persone e delle cose nel presupposto che protestare significhi esporre idee e non danneggiare automobili e vetrine, non può usare la violenza. Ne va dell’immagine della stessa autorità dello Stato che si esercita sempre e soltanto nel rispetto della legge.
È evidente che l’episodio si iscrive nel clima surriscaldato dalle violenze e dagli insulti nei confronti delle Forze dell’Ordine che all’occasione possono scatenare in alcuni esasperati una risposta violenta, comprensibile ma assolutamente impropria.
E qui va ricordato il carabiniere che, faccia a faccia, con chi lo provocava perché reagisse, è rimasto imperterrito. Esempio evidente di opportuno addestramento, senso dello Stato e del comportamento che si richiede a chi, in quel momento, rappresenta la legge.
Mi rendo conto della difficoltà di gestire l’ordine pubblico con quella saggezza che si richiede all’autorità dello Stato. Che è difficile governare la piazza per consentirle di esprimere la volontà dei partecipanti alla manifestazione evitando che degeneri. Che non è facile identificare i violenti ed isolarli prima che si inseriscano nei cortei.
L’idea che si tratti in ogni caso di giovani che vanno a protestare per una riforma della scuola e dell’università che neppure conoscono, anche quando istintivamente dicono cose giuste, non è sempre vera. Lo ha dimostrato di recente in una trasmissione tv una giovane studentessa del Liceo Mamiani di Roma, da sempre molto politicizzato, che ha fatto una serie di annotazioni sul comportamento della polizia, quali la mancanza di azioni “di alleggerimento”, che denotano una conoscenza della gestione dell’ordine pubblico. La giovinetta ingenua, acqua e sapone, è stata certamente addestrata a fornire una determinata versione “buonista”, come dimostra la negazione che ci siano stati episodi di violenta da parte di alcuni manifestanti, che pure si sono visti benissimo in televisione. E comunque chi partecipa spontaneamente e non è dell’apparato non può rendersi conto di ciò che accade solo a poche decine di metri di distanza.
Per concludere, lo Stato si prepari alla gestione soft delle manifestazioni, isolando preventivamente i violenti, che l’autorità pubblica non può tollerare, ma eviti di esercitarla e se qualcuno sbaglia paghi, a garanzia dell’immagine dello Stato e di coloro che lo rappresentano.
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