Schiaffo alle donne afghane: sport vietato, niente scuola dopo le elementari, perché le nostre femministe tacciono

Schiaffo alle donne afghane: vietato fare sport. Il capo talebano della cultura offre assurde spiegazioni. Anzi, rincara la dose. Niente scuole secondarie per le donne. E il ministero dedicato alle donne è rimpiazzato dal ministero per la virtù. Domanda: le femministe non hanno niente da dire? Intanto a Kabul c’è la Resistenza delle studentesse. Che invocano aiuti.

Lo schiaffo dei talebani alle donne. L’ennesimo. “Vietato fare sport“. Addio atletica, judo come si è visto alle Olimpiadi di Atene (2004), Pechino (2008), Londra (2012), Rio (2016). E come indicava il calendario di Tokyo. Ma il regime ha messo paura e nella capitale nipponica  c’era solo una bandiera afghana portata da un funzionario Cio e da un volontario.

Che tristezza! Addio anche all’amato cricket, lo sport più popolare in Afghanistan, importato da chi si era rifugiato in Pakistan. Vietato alle donne pure un innocente skateboard, su un monopattino. Niente. Perché?

Lo ha spiegato, ieratico e sacrale, Ahmadullah Wasiq  – capo della  Commissione culturale dei Talebani –  alla televisione pubblica australiana Sbs: ”Non è necessario che le donne giochino a cricket, potrebbero affrontare una situazione di gioco in cui il loro viso e il loro corpo non saranno coperti. L’Islam non permette che le donne siano viste così. Siamo nell’era dei media, ci saranno foto e video. E poi la gente le guarderà. L’Islam e l’Emirato Islamico non consentiranno alle donne alcuno sport in cui vengono esposte“.

Le Paralimpiadi di Tokyo ci hanno regalato una storia che ha commosso il mondo. È la storia di Zakia  Khodadadi, 23 anni, della provincia di Herat che pratica il Taekwondo. Per le Olimpiadi si è  preparata per cinque anni. Ha fatto sacrifici immensi. E al momento di andare a Tokyo è stata persino messa in discussione la sua sicurezza.

Il mondo le è crollato addosso. E coraggiosamente ha lanciato un appello: ”Non c’è nessuno in questo grande mondo che mi possa aiutare?“. Le sue parole  sono state rilanciate  dal New York Times. I giornalisti hanno immediatamente allertato le diplomazie grazie ai militari australiani. Bravissimi.

Costoro hanno trovato un volo in uscita da Kabul e così Zakia si è imbarcata con la centometrista Hossain Rasouli. Lieto fine: entrambe hanno preso parte alle gare. Da notare che i soli afghani presenti a Tokyo  “si trovavano all’esterno del loro Paese“, come ha detto il presidente del CIO Thomas Bach. Dal regime non scappa più nessuno.

Ed allora ci sia permessa una domanda: perché le nostre brave femministe tanto di sinistra non si sono fatte sentire? Perché  questo assordante silenzio? Paura di offendere l’Islam? Paura di fare il gioco della destra islamofoba? Nessun sit-in,  nessuna manifestazione, nessuna fiaccolata.

Timore di sembrare ostili ai musulmani ? Non è che per caso sta prevalendo la malcelata soddisfazione per la sconfitta epocale degli Stati Uniti ? Lo sapete che a Kabul è comiciata la Resistenza delle studentesse afghane. Ieri sera una whatsapp di una di loro, pervenuta alla “Casa delle donne“ di Milano implorava: “Parlate più che potete. Non ci lasciare sole“.

 

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