Vivendo in Francia, dove completo un post laurea a Parigi, rifletto sul mio recente passato scolastico e penso a come potrebbe essere una riforma dei programmi scolastici italiani sulla nostra letteratura.
Ogni paese ha le sue tradizioni letterarie e l’Italia ha una storia senz’altro molto ricca. Lo smisurato patrimonio artistico italiano appare quasi un miracolo quando lo si paragona alle condizioni storiche che lo hanno prodotto. L’Italia che produceva Michelangelo era la stessa dominata da Francia e Spagna, umiliata dal Sacco di Roma del 1527. Quell’Italia che non contava più nulla nello scacchiere europeo dominava per secoli la musica occidentale.
In Europa, e forse nel mondo, solo l’Italia ha prodotto egemonia culturale a fronte di una condizione politica periferica, di semi-schiavitù. Il romanticismo tedesco di Goethe e Schiller è nato nel periodo di impetuoso sviluppo economico degli stati tedeschi; i capolavori del Siglo de Oro spagnolo sono stati scritti durante i fasti dell’impero di Carlo V e Filippo II ; Molière, Corneille e Racine hanno dato alla luce i loro capolavori durante il regno glorioso del Re Sole.
Tuttavia, la ricchezza del nostro patrimonio letterario non è rappresentata dai programmi scolastici, ingessati da una pratica desueta e ormai centenaria. L’insegnamento delle lettere al liceo, e dunque la cultura letteraria media degli italiani, si basa sulla conoscenza diretta di soli due grandi classici: la Divina Commedia e i Promessi Sposi.
Questa scelta è talmente ancorata nelle coscienze da apparire quasi invitabile, predeterminata. In realtà tale selezione è stata dettata a suo tempo da scelte politiche e culturali. Com’è ovvio, non esiste una ragione intrinseca perché al posto del Manzoni non si studi l’Ariosto, o al posto di Dante non si legga il Boccaccio.
Ogni paese adotta le proprie strategie culturali, le quali poi, entrando nella “coscienza collettiva”, non sono più riconosciute come tali. Prendiamo l’esempio della Francia: uno studente che esce dal liceo conosce direttamente solo un piccolo drappello di scrittori. Questo studente può non sapere nulla (e infatti spesso non ne sa nulla) su Proust, Rousseau o Stendhal ma ha sicuramente letto, almeno una volta, Molière, Voltaire e Hugo. E’ il sistema che ha imposto questi scrittori, non gli insegnanti, non la prassi, non una ragione intrinseca. Come Manzoni e Dante in Italia, Molière, Voltaire, Hugo sono in Francia i capisaldi dell’insegnamento letterario liceale.
Questi tre nomi rivelano chiaramente qualcosa sull’identità stessa dei francesi. L’anticlericalismo di un Voltaire, lo sguardo cinico sui costumi sociali di un Molière, o il progressismo di un Hugo sono senz’altro dei tratti che si ritrovano nel pensiero dominante francese, di destra o sinistra che sia.
Cosa ci dice, in Italia, la scelta di Dante o Manzoni? Essenzialmente una cosa: a scuola si studiano i grandi testi “cattolici” della nostra storia. La nostra educazione letteraria è intrisa di religione, quella medievale e dogmatica di Dante, quella intima e pietista del Manzoni. Personalmente trovo che sia un peccato, una decisione miope. Questa scelta “cattolica” finisce con l’avere degli effetti negativi. Da una parte, perché nega una ricca parte, quella laica, della nostra tradizione letteraria (da Boccaccio a Machiavelli, da Leopardi a Pasolini). In secondo luogo, perché l’insegnamento al ginnasio del Manzoni è, e sempre sarà, una cattiva idea. La bellezza dei Promessi Sposi non può essere percepita da un ragazzo di quattordici o quindici anni. Che infatti, salvo rarissimi casi, non la percepisce mai, e si annoia al suo banco, quando non gioca al cellulare.
Cosa fare allora? La risposta è semplice. Basterebbe togliere ai Promessi Sposi il ruolo culturale che la politica e l’ideologia post-risorgimentali gli hanno dato, e mettere al suo posto un altro grande classico, di un valore non minore, come l’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto, un testo laico, moderno, palpitante, mai noioso. Pensate solo a quanti ragazzini avrebbero di colpo un primo approccio alla letteratura più giocoso e partecipe! Non più la conversione dell’Innominato e le pie preghiere di Lucia, ma cavalieri erranti, elmi incantati, grifoni, viaggi sulla luna! Sarebbe bello. E perfino utile. Per gli studenti, ma soprattutto per l’amore della letteratura che la scuola dovrebbe insegnarli.
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