ROMA – Le dimissioni di Mario Monti e le prospettive della politica italiana sono il tema dell’articolo pubblicato da “un sogno italiano” con la firma di Senator e Intitolato: Monti: il tramonto del tecnocrate
Addio Monti, professore, buoni studi di economia, importanti relazioni personali, disponibilità istituzionale, come ha dimostrato nel novembre 2011 accettando l’invito di Napolitano a salvare l’Italia sull’orlo del baratro. Tanti meriti ma scarsa sensibilità politica dimostrata da subito, fin dalla formazione della squadra di governo, con un ministro del lavoro sprovveduta e incapace di una disposizione transitoria che avrebbe evitato gli esodati, con un ministro dell’economia che è stato un modesto Ragioniere Generale dello Stato, con un Ministro delle sviluppo economico che non ha saputo neppure fare la mossa di un incentivo alla ripresa sul mercato interno, che non ha aperto o riavviato un cantiere.
Tecnici, senza nessuna conoscenza dell’apparato, circondati da grand commis buoni per tutte le stagioni, pessimi consiglieri dei governi Berlusconi e Prodi e via indietreggiando, che negli anni non hanno spiegato ai loro ministri che non si va da nessuna parre se non si riordina l’apparato e le leggi che ne disciplinano l’azione, se non lo si rende impermeabile alle influenze delle lobby.
Un triste epilogo, dunque, per il Professore che pure aveva destato speranze, tanto che gli italiani si sono presto rassegnati a misure durissime, soprattutto fiscali ed alla mancanza di lavoro.
Triste epilogo di chi poteva circondarsi di persone capaci di curare le relazioni con la gente e con le categorie per convincerle a cedere su posizioni di potere assurde, dai notai ai tassisti, ai commercianti per attuare quelle semplificazioni che avrebbero dato immediatamente la sensazione agli italiani che qualcosa stava cambiando, che oltre la buona immagine internazionale il Professore era capace di governare, di operare per lo sviluppo pur assicurando la buona tenuta dei conti pubblici. Invece di gaffe in gaffe lui ed i suoi ministri hanno rapidamente gettato via quel patrimonio di credibilità che pure lo aveva circondato, la cattedra universitaria, l’incarico europeo di Commissario alla concorrenza, i suoi editoriali sulCorriere della Sera.
E adesso? Avevamo pensato che si sarebbe potuto porre alla guida di un Centrodestra moderno, veramente liberale. Non è stato così, non poteva essere così per gli errori dei quali abbiamo appena detto. D’altra parte non gli sono stati buoni amici i centristi di Casini, appiattiti su iniziative impopolari senza che fossero accompagnate da qualche, sia pure labile, prospettiva di sviluppo, di ripresa dei consumi, di contenimento della disoccupazione.
Scenderà in campo il Professore? È probabile, ma non potrà andare lontano. UDC più Italia Futura fanno pochi punti.FLI è quotata come un prefisso telefonico. Una allegra brigata di professionisti della politica e di apprendisti politici, come Montezemolo, che non può attirare l’attenzione di consistenti fette dell’Italia moderata che sarà ancora una volta galvanizzata dal Berlusconi, con i suoi slogan azzeccati, con la critica al fisco esoso, con la contestazione delle scelte europee che non riesce ad avere una dimensione veramente politica, da stati uniti del vecchio Continente, come la volevano i padri fondatori.
E poi c’è la critica alla magistratura, certamente pro domo sua, ma che Berlusconi sa condivisa da un popolo abituato a non rispettare le regole, dal parcheggio in seconda fila con le portiere chiuse, alla dichiarazione sostitutiva falsa, tanto non controlla nessuno, alla mazzetta facile, pagata o riscossa, per ungere le ruote.
Lontani dalla condivisione di valori etici, religiosi e civili, gli italiani del “franza o spagna purché se magna” non hanno la dignità di cittadini di uno stato che in effetti hanno conquistato con secoli di ritardo rispetto a Francia, Spagna o Inghilterra, forzati all’unione da Vittorio Emanuale II, Cavour, Garibaldi e Mazzini quando la maggioranza stava benissimo nello staterello inefficiente e corrotto dei quali fino al 1861 avevamo molteplici esempi.
In queste condizioni il populismo è la massima espressione della politica italiana. Ne abbiamo oggi due campioni, Berlusconi e Grillo. Chi prevarrà? Povera Italia! Avrà comunque perso chiunque di loro due vinca o domini lo scenario parlamentare. Perché al Partito Democratico, perso Renzi è venuta meno la possibilità di trasformarsi in un partito socialdemocratico europeo.
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