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Serena Mollicone, chi è l’assassino? Gli elementi per scoprirlo ci sono: le impronte digitali

Serena Mollicone, chi la ha uccisa? Dopo 22 anni e vari processi e vari imputati tutti assolti, ancora, come dicevano i cronisti di nera, gli investigatori brancolano nel buio.

Convinto che il colpevole sarà scoperto è il criminologo Carmelo Lavorino. Lavorino, col suo Pool, ha fatto assolvere per lo stesso omicidio e lo stesso capo d’imputazione prima Carmine Belli (2004), poi la famiglia Mottola nel 2022. Un caso più unico che raro perché nessuno al mondo ha sconfitto due impianti accusatori relativi lo stesso caso con imputati diversi. 

Ora Carmelo Lavorino è pronto a collaborare alle indagini. Si dice ottimista. Gli elementi per arrivare alla individuazione dell’assassino ci sono. E risponde alle mie domande con precisione e chiarezza.

Come è possibile che per due volte gli inquirenti puntino bersagli sbagliati?

È successo, come in molti altri casi, che c’è stato l’innamoramento del sospetto e dell’intuizione che si trasforma in fallace certezza. Mentre nessuno dei controllori interviene e blocca gli errori. Si forma un gruppo che crede all’ipotesi di partenza, crea illazioni senza prove certo di averci azzeccato, e così su va verso la catastrofe. 

Quali sono i punti salienti della sentenza che smontano le “certezze” esibite dall’accusa per ill caso di Serena Mollicone?

L’accusa si basava su cinque punti salienti che abbiamo completamente demolito sia uno ad uno, sia nel loro insieme, eccoli:

1) le dichiarazioni del brig. Santino Tuzi fatte il 28 marzo e il 9 aprile 2008 (suicidatosi l’11 aprile, tre giorni dopo)  che diceva di avere visto Serena Mollicone entrare in Caserma la mattina dell’1 giugno 2001;

2) l’illazione che una lesione su una porta all’interno della Caserma fosse stata provocata dalla testa di Serena sbattuta contro la porta; 

3) due consulenze tecniche (la prima dell’anatomo-patologa Cristina Cattaneo, la seconda di tre militi dell’Arma che prestano servizio presso i Ris) che concludevano che la porta poteva con altissima probabilità (sic!!!) essere l’arma del delitto;

4) l’illazione che il m.llo Mottola avesse depistato le indagini tramite una serie di iniziative;

(5) l’illazione che dopo il delitto all’interno della Caserma (sic!) il m.llo Mottola avesse convinto (!?) il brig. Santino Tuzi, il m.llo Vincenzo Quatrale e l’app. Francesco Suprano a collaborare con lui per depistare le indagini e salvare lui e la sua famiglia.

 E come si è arrivati alla sentenza di assoluzione.

Abbiamo dimostrato che le dichiarazioni del brig. Tuzi, avvenute in un clima assolutamente non sereno, dove era pressato a livello psicologico, non sono credibili, sono incerte e contraddittorie. Sono il frutto proveniente da un albero avvelenato: il sospetto gratuito sorretto da illazioni senza prove e da maldicenze.

Abbiamo dimostrato che la porta non è assolutamente l’arma del delitto, che le consulenze della prof.ssa Cattaneo e dei tre militi dei RIS sono fallaci nel metodo, nel contenuto e nelle conclusioni, che vi è ZERO probabilità che la loro illazione congiunta sia reale.

Abbiamo dimostrato che il m.llo Mottola non ha commesso alcun depistaggio, che contro di lui, la sua famiglia e i due Carabinieri imputati (Quatrale e Suprano) vi è stata una caccia alle streghe di manzoniana memoria. Ad esempio, durante il processo è emerso che il m.llo Mottola prelevò Guglielmo Mollicone durante il funerale di Serena non per propria iniziativa, ma su espresso ordine del suo comandante il capitano Trombetti, ordine arrivato dalla procura di Cassino.

Altresì, abbiamo dimostrato, assieme agli avvocati ed ai consulenti di Quatrale e di Suprano, che mai e poi mai c’è stato alcun patto di depistaggio per coprire il delitto perché il delitto non è avvenuto in Caserma e gli imputati ne erano ovviamente all’oscuro.

Ulteriore aspetto cruciale è che abbiamo insistito sul fatto che le impronte del soggetto ignoto legatore ed assassino della povera di Serena non sono minimamente riferibili agli imputati, cosa che facemmo anche nel processo contro Belli.

Per ultimo abbiamo dimostrato che l’impianto accusatorio non segue le regole della logica, della scienza, della freddezza e dell’investigazione criminale, cioè, che è fallace ed apodittico. E la sentenza di assoluzione bacchetta gli inquirenti, perché dice loro: “Vi siete presentati in un processo senza prove, con indizi incerti e contraddittori, con elementi non credibili e di cui alcuni sbagliati”.

Cosa pensa delle impronte digitali sul nastro adesivo e sul sacchetto che ha soffocato Serena Mollicone? Quando sono state scoperte?

Le impronte furono individuate sin dai primi giorni dal m.llo dei RIS Gennari, un luminare delle indagini dattiloscopiche. E su queste impronte che sono dell’assassino noi abbiamo insistito perché trattasi di prova scientifica. Basti pensare che hanno comparato le impronte digitali di circa trecento persone con le impronte comparabili repertate sui nastri (esattamente tre).

Che fine ha fatto la consulenza tecnica sulla porta con l’impronta all’altezza della testa di Serena Mollicone?

Ha fatto la fine che meritava: è stata demolita prima da noi e poi dalla sentenza. Ma come si può ipotizzare che una ragazza alta cm 155 vada a sbattere in seguito a spinta col sopracciglio sinistro e la parte zigomatica (alti da terra cm 143 e cm 136) contro una porta e provocare  sulla porta una lesione a cm 154 da terra? Ed è accaduto che la relazione dei tre militi dell’Arma in servizio presso i RIS per tentare di dare man forte alla relazione Cattaneo sulla porta ha combinato ulteriori guai. Perché ha commesso quattro imperdonabili errori che noi abbiamo demistificato e la sentenza di assoluzione ci dà ragione.

Perché dice sempre “militi dell’Arma che prestano servizio nei Ris” e non semplicemente i Ris?

Perché l’istituzione dei RIS è un patrimonio nazionale in quanto eccellenza e io stimo i RIS, quindi tre soggetti che hanno presentato una relazione fallace non rappresentano l’intera famosa ed eccellente struttura.

Del suo Pool cosa ci dice?

Eccezionali. C’è lo psicologo forense Enrico Delli Compagni che lavorò già per la difesa di Carmine Belli ed ha effettuato un’eccellente analisi psicologica  sulle dichiarazioni di Tuzi e ne ha dimostrato la non credibilità e la non attendibilità.

L’ing. Cosmo Pyo Di Mille che ha ottimamente confutato, secondo le sue competenze, le relazioni dell’ing. Sala, della dr.ssa Cattaneo e dei tre militi dell’Arma in servizio presso i RIS sulla porta.

Le criminologhe avv. Alessandra Carnevale e dr.ssa Giusy Marotta e l’esperto informatico Gaetano Bonaventura hanno lavorato, analizzato, sgobbato e fatta la loro parte, le prime due anche con riferimento agli aspetti criminalistici delle tracce, dei reperti e del luogo di rinvenimento del corpo di Serena.

Professionisti che hanno lavorato all’ombra, quali il prof. Claudio Lavorino biologo, il dr Luca Di Biagio esperto ed analista della comunicazione non verbale e verbale), l’investigatore e criminalista Dante Davalli (anch’egli lavorò al processo Belli), gli analisti dr. Massimo Amadei e Tony Carbone, la dr.ssa Raquel Scappaticci, gli avv. Silvana Cristoforo e Gianluca Ciaraldi, il geometra Fulvio Marsella, la dr.ssa Valeria Bamonti.

Quali potrebbero essere le terze persone coinvolte? O meglio, visto che certo non si possono fare nomi: in quali ambienti lei cercherebbe tali terze persone coinvolte?

Fra le persone che davano passaggi a Serena quando la stessa faceva autostop. Perché la ragazza è scomparsa mentre faceva autostop. In quella occasione, perché poteva essere corteggiata dal soggetto che le ha dato il passaggio. Perché la ragazza è stata aggredita e colpita alla testa mentre era nuda. Perché sulla sua felpa, sulla maglietta e sugli altri indumenti non c’era una molecola di sangue, mentre, invece, da quella ferita è fuoruscito sangue (ferita del pugile) e, scientificamente, avrebbe dovuto sporcarli di sangue.

Si arriverà mai a individuare il colpevole o i colpevoli?

Penso di sì, abbiamo le impronte digitali del soggetto ignoto, abbiamo il suo profilo comportamentale-investigativo, abbiamo i suoi atti complessi della triade criminodinamica. E, per finire, abbiamo chiesto alla Procura di Cassino di accettare la nostra collaborazione per individuare l’assassino di Serena Mollicone.

 Carmelo Lavorino col suo Pool ha fatto assolvere per lo stesso omicidio e lo stesso capo d’imputazione prima Carmine Belli (2004), poi la famiglia Mottola nel 2022. Un caso più unico che caro perché non risulta che qualcuno abbia mai sconfitto due impianti accusatori relativi allo stesso caso con imputati diversi. Lavorino e il suo Pool nel processo contro Carmine Belli si scontrarono con la famosa UACV (Unità Analisi Crimini Violenti) della Criminalpol, il Servizio Italiano di Polizia Scientifica, la Squadra Mobile di Frosinone e la Procura di Cassino.

Nel processo contro la famiglia Mottola, si è ripetuto, però scontrandosi con i Ris, con i Reparti Investigativi dei Carabinieri di Frosinone, con la famosa anatomopatologa Cristina Cattaneo ed altri esperti nominati dalla procura di Cassino, con gli esperti delle parti civili, fra cui il famoso generale Luciano Garofano.

Cosa è successo, come mai due volte gli Inquirenti puntano bersagli sbagliati?

È successo, come in molti altri casi, che c’è stato l’innamoramento del sospetto e dell’intuizione che si trasforma in fallace certezza, mentre nessuno dei controllori interviene e blocca gli errori. Si forma un gruppo che crede all’ipotesi di partenza, crea illazioni senza prove certo di averci azzeccato, e così su va verso la catastrofe. 

Non è la prima volta  che ciò accade, lei e il suo Pool avete già demolito impianti accusatori molto “tosti”.

Basti pensare al caso di Via Poma dove l’imputato era Federico Valle e il processo d’appello contro Pietro Pacciani, accusato di essere il Mostro di Firenze.

Esattamente, il nostro è un metodo di lavoro basato sulla freddezza analitica dei fatti e di tutti i dati, sulla logica, sulla scienza, sulla ragione, sulle discipline scientifiche investigative, forensi, criminalistiche e criminologiche, però… dobbiamo avere soprattutto il “via libera” dagli avvocati difensori, e questo è quasi sempre accaduto.

Con Federico Valle ci furono gli avvocati Raniero Valle  e Figus Diaz, con Pacciani ci fu l’avvocato Nino Marazzita, con Carmine Belli gli avvocati Silvana Cristoforo, Romano Misserville ed eduardo rotondi, con la famiglia Mottola gli avvocati Francesco Germani, Enrico Meta, Mauro Marsella e Piergiorgio Di Giuseppe.

 

 

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