Biciclette in centro città. Germania: patente fin da bambini

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Gianni Alemanno, sindaco di Roma, in bicicletta: Parigi val bene una Messa

L’incosciente uso della bicicletta nei centri delle grandi città è, insieme con l’ Imu, una delle peggiori eredità del Governo di Mario Monti. Mentre l’ Imu verrà ritoccata, l’incubo delle biciclette resterà.

L’incubo è per i pedoni, che vedono i marciapiedi, per quanto affollati, ormai trasformati in piste ciclabili anche ad alta velocità; per gli automobilisti, che devono avere sei occhi per scansare ciclisti contromano, spesso con innocenti bambini senza casco su sellini assai precari; per i vigili urbani, che si girano dall’altra parte perché se facessero il loro dovere e provssero a fermare i ciclisti fuorilegge, rischierebbero catastrofi per sè e per i ciclisti stessi.

A suo tempo il ministro Corrado Passera aveva risposto a un appello di Blitzquotidiano in modo in parte soddisfacente in parte no: aveva smentito il liberi tutti ai ciclisti contromano, aveva detto si al casco obbligatorio ma anche no alla assicurazione obbligatoria e alla targa anche per le bici.

Chi ha una vaga idea di come funzionano queste cose sa bene che il povero Passera manco sapeva che da un ufficio del suo mega ministero qualche incosciente avesse dato via libera al contromano in città e per la risposta si è sicuramente affidato a quello stesso ufficio di incoscienti. Dire di no alla assicurazione vuole dire che se un ciclista mi investe e mi fa male è un problema mio e se un ciclista viola la legge, ad esempio gira senza casco e con bambini per giunta senza casco anche loro, di fatto gli viene garantita la totale impunità.

Il partito dei ciclisti costituisce però una lobby violenta e radicata: basta leggere gli insulti arrivati all’indirizzo di questo autore.

Oggi Antonio Cianciullo su Repubblica fornisce una nuova prova della ampiezza di quella lobby, dando notizia di una

“legge di iniziativa popolare che verrà presentata il 4 maggio nel corso della manifestazione organizzata a Milano dalla Rete della mobilità nuova, un network che raccoglie 150 associazioni. L’iniziativa punta a creare un sistema analogo a quello della raccolta differenziata dei rifiuti: quote progressive per ridurre il peso dell’inquinamento. Entro due anni a partire dall’approvazione della legge, gli spostamenti in auto e moto dovranno essere meno di quelli a piedi, in bicicletta e con il trasporto pubblico. A partire dal secondo anno si dovrà scendere al 47,5 per cento, entro il quinto anno al 40 per cento. Una bella differenza rispetto alla situazione attuale in cui auto e moto battono i rivali 7 a 3”.

Certo mettere sullo stesso piano biciclette e mezzi pubblici è un po’ ardito e contraddittorio: indubbiamente la bicicletta è a zero emissioni inquinanti, ma lo stesso non si può dire degli autobus; e anche i tram spostano solo l’inquinamento dalla città alla location della centrale elettrica.

A Repubblica hanno però letto l’articolo di Cianciullo non tanto in chiave mezzi pubblici, anche perché sono decenni che se ne parla senza far nulla, ma in chiave ciclistica. Così hanno mandato Caterina Pasolini a intervistare, a Roma, l’attore Ascanio Celestini il quale dimostra di essere persona saggia, prudente e di buon senso e, con le sue parole, in realtà frena gli eccessi di entusiasmo.

Ascanio Celestini, che vive in una borgata dietro l’aeroporto di Ciampino, estrema periferia ai piedi dei Castelli, racconta il suo rapporto con la biciletta in questi termini:

 “Stiamo assieme da 30 anni, me la regalò mio padre quando ne avevo dodici ed è una via di mezzo tra una bici da cross e una da passeggio. Me la porto persino in tourné. Se lo spettacolo si ferma in una città la prendo”.

Però a Roma è tutta un altro film:

“Io vivo in una borgata fuori dal raccordo anulare. In città non ci vengo pedalando. Troppo pericoloso. Per gli automobilisti noi siamo un disturbo sulla loro traiettoria”.

La povera Caterina Pasolini sembra delusa e chiede cosa si debba fare, nell’opinione di Ascanio Celestini, per cambiare. Altra risposta di buon senso. Bisogna, dice

“cominciare dalle scuole. In Germania dove tutti vanno in bicicletta, anche se fa freddo, i bambini hanno la patente per pedalare e devono rispettare i segnali”.

A proposito di regole per i ciclisti che da noi sono respinte con violenza.

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