Luigi Gubitosi come il dottor Jekyll o come il signor Hyde? Il caso è davvero strano, come titolerebbe Robert Louis Stevenson:
Gubitosi Jekyll: “È la prima volta, a memoria di “homo videns”, che il direttore generale della Rai sfida apertamente la politica per difendere gli interessi della sua azienda” scrive Giovanni Valentini, su Repubblica.
Gubitosi Hyde: “Io preferisco scontentare i partiti. Nessuno escluso” sarebbe la sua vera parola d’ordine, secondo Carlo Tecce sul Fatto che parla di
“lottizzazione morbida di Gubitosi”
e esemplifica:
“Da Morgante al Tgr a Radio1 di Preziosi, la Rai dei tecnici non ha cambiato le caselle dei partiti”.
Il 19 ottobre sul Fatto Carlo Tecce ha descritto il Gubitosi Hyde:
“Un anno e mezzo in viale Mazzini, un anno e mezzo di nomine e decisioni, il dg Luigi Gubitosi non ha mai smesso di ripetere: “Io preferisco scontentare i partiti. Nessuno escluso”. In Rai cominciano a pensare che quel mantra contenga un refuso e sia corretto scritto così: “Io preferisco accontentare i partiti. Nessuno escluso”.
“Non è un gioco di malizia, ma una raccolta di fatti. L’ultimo è la nomina di Vincenzo Morgante, ex caporedattore a Palermo, a direttore dei telegiornali regionali: la professionalità di Morgante, tra servizi su panettoni e università amiche, potrebbe (pure) aver convinto l’azienda. Ma quel che colpisce, per i vertici che si definiscono tecnici, è la prevedibilità di Gubitosi: l’informazione locale era una casella di centrodestra e una casella di centrodestra è rimasta”.
Alla destra, prosegue Tecce, è appaltato un pezzo di radio e Gubitosi
“non riesce a sostituire Antonio Preziosi, che ha assunto la compagna di un uomo immagine di Berlusconi, Roberto Gasparotti, nonostante Radio1 abbia dimezzato gli ascolti e il circuito radiofonico abbia 81 milioni di perdite l’anno. E ancora: 6 giornalisti graduati, tra cui un condirettore e un vicedirettore, si sono dimessi o sono stati cacciati da Preziosi.
“Ci sono programmi, meritevoli o fallimentari, che compaiono in video senza motivo e resistono contro qualsiasi logica finanziaria o editoriale. Il settimanale 2Next Economia di Annalisa Bruchi è andato malissimo in estate. No, non l’hanno chiuso o rivisto: più semplice, l’hanno rimesso in palinsesto aumentando le spese. 2Next costa 70 mila euro a puntata, non ha prodotto una notizia degna di nota, tranne l’intervista al ministro Maurizio Lupi che, sollecitato da Bruchi, annunciò in diretta il battesimo per la nuova Autorità sui Trasporti.
“Incidentalmente, Bruchi è la moglie di Mario Valducci, fondatore di Forza Italia, ex sottosegretario nei governi Berlusconi e ovviamente ora commissario nell’Autorità sui Trasporti. É una coincidenza, forse.
“L’unica novità sostanziale, per l’informazione, è Nicola Porro. Per quanto non sia berlusconiano, così dice, è comunque il vicedirettore del Giornale. E viale Mazzini l’ha messo su Rai2. Risultati: Rai1 immodificabile, Rai2 più Pdl, Rai3 sempre uguale a se stessa, enclave di sinistra.
“Anche i telegiornali, con qualche eccezione, seguono questa logica da larghe intese, anzi larghissime.
“La Rai continua a germinare poltrone: l’esperto Luciano Flussi, capo del personale, verrà sistemato a Rai Pubblicità. E dunque la ex Sipra avrà tre ruoli di vertici (con tre stipendi importanti); il citato Flussi, più l’ex dg Lorenza Lei, più Fabrizio Piscopo. Come lamenta un giornalista di viale Mazzini nel sito di Pino Pisicchio, deputato di Centro Democratico, non ha senso risparmiare se i giornalisti di Rai Parlamento anziché stare in Parlamento stanno a Saxa Rubra, lontani mezz’ora di macchina. E il braccio di ferro su trasparenza, Crozza e Fazio, l’ha vinto Brunetta. Un politico”.
Una settimana dopo, segue il santino di Gubitosi Jekyll per opera di Giovanni Valentini, secondo il quale il fatto che Gubitosi replichi in modo non consono al ruolo agli sgangherati quanto centrati attacchi di Renato Brunetta sulle retribuzioni di platino della Rai, costituisce
“novità, anche al di là del merito, degna di considerazione. Non tanto perché denota un’apprezzabile autonomia personale e manageriale, quanto perché rivendica “coram populo” l’indipendenza della televisione pubblica rispetto alle interferenze del potere”.
“Quando Luigi Gubitosi dichiara pubblicamente che «Crozza non è in Rai per colpa della politica», attacca il Pdl e in particolare il suo capogruppo alla Camera, Renato Brunetta, che aveva contestato i cospicui compensi del comico e di Fabio Fazio. Ma in realtà la sortita del direttore generale mette sotto accusa il conflitto d’interessi che condiziona da un ventennio tutto il sistema televisivo italiano: cioè quell’anomalia incarnata dalla figura di Silvio Berlusconi proprietario di Mediaset, capo di partito e già uomo di governo. Una distorsione del mercato che altera il pluralismo dell’informazione e la libera concorrenza”.
Qui Valentini confonde un po’ le cose. La Rai, Berlusconi o non Berlusconi è sempre stata così ed è giusto che i partiti ne controllino le scelte. Rubare è un’altra cosa e lo fanno tanto nel pubblico quanto nel privato.
Berlusconi è un genio che ha schiacciato sotto il suo tallone non solo in vituperato Craxi ma anche e soprattutto le varie mutazioni del Pci, raggiungendo il sublime ai tempi della Bicamerale che il giornale su cui scrive Valentini osannò invece di contrastare. Certo Valentini ha ragione quando scrive che
“se in Italia quel conflitto fosse stato effettivamente disciplinato; se non esistesse una concentrazione televisiva privata con tre reti in concessione; se Berlusconi non fosse il padrone del Biscione oltre che il leader del Pdl; e se infine l’onorevole Brunetta non fosse il capogruppo del medesimo partito a Montecitorio, non potremmo dargli poi tutti i torti quando reclama la massima trasparenza sui compensi della Rai”.
Ma deve girare il vituperio ai suoi amici Ciampi, Amato, D’Alema e compagni cantanti che quando Berlusconi era finito lo hanno fatto resuscitare, fino a Napolitano che ha dato ancora un mese decisivo di respiro a Berlusconi nel 2011, da Berlusconi impiegato stiamo leggendo come.
C’è poi un’altra contraddizione nel ragionamento di Giovanni Valentini. Da un lato critica
“l’offensiva del Pdl contro la Rai come un “favoreggiamento” a beneficio del suo principale concorrente diretto, un aiuto del partito-azienda all’azienda-partito”.
Poi però critica la Rai perché
“sull’altare dell’audience, troppo spesso sacrifica – come davanti a una moderno totem mediatico – la sua missione istituzionale di servizio pubblico, con trasmissioni trash del genere “pacchi”, isole dei famosi o serial e telefilm americani di cui viene infarcito il palinsesto di alcune reti del digitale terrestre”.
Ma una tv pubblica noiosa da morire è il sogno di Berlusconi, qui c’è la oggettiva collusione con Berlusconi, certo per idealismo e generosità in Valentini, un po’ o assai meno in tanti altri. Per gli intellettuali come lui c’è Sky, ai poveracci che non hanno i soldi per il ristorante né il cinema e nemmeno Sky o Mediaset premium non gli puoi infliggere martìri culturali, devi dargli le partite di calcio, la Formula 1, i pacchi e pacchetti, i quiz e anche Miss Italia. I programmi della tv pubblica non devono poterli scegliere né Laura Boldrini né Annamaria Tarantola e nemmeno Giovanni Valentini. Quello sarebbe il mestiere di Antonio Ricci.
Conclude Giovanni Valentini:
“E mentre noi, cittadini e telespettatori, paghiamo il canone d’abbonamento, l’azienda pubblica continua a drenare risorse sul mercato della pubblicità, a danno di tutti gli altri media, vecchi e nuovi. Questa è la tv malata di un sistema e di un Paese malato”.
Lo dica al suo idolo Gubitosi, che non in nome dell’audience ma per pura scarsa conoscenza del mestiere, ha scassato il mercato della pubblicità, con danni incalcolabili per i giornali e per internet.