Governo di programma, legge elettorale: sfida a sinistra e M5S. Ma con Bersani

Pierluigi bersani
Pierluigi Bersani

Ci risiamo. In tante occasioni recenti e meno, nella fasi di passaggio più delicate, la sinistra ha dato prova di essere condizionata da una fortissima propensione a farsi del male. Siamo a poche ore dalla avvenuta conclusione delle elezioni 2013, il voto ci consegna uno scenario con forti novità e con ancora più rilevanti elementi di instabilità politica e istituzionale. Il triste paradosso è dato dalla conclusione del tragitto del “Governo dei tecnici” che noi stessi (il Pd) abbiamo proposto (o accettato, come sostengono alcuni) per garantire stabilità al paese di una difficile, drammatica congiuntura finanziaria ed economica.

Ora qui siamo, l’ instabilità che il voto ha prodotto è a ridosso del semestre bianco, ha con sé una drammatica condizione sociale determinata dalla recessione e, cosa che viene incredibilmente rimossa, si concretizza nella vicinanza delicatissima del semestre di presidenza italiana della Ue che inizierà nella seconda metà del 2014.

Forse era meglio andare a votare quando Berlusconi era alle corde e non avrebbe potuto attribuire la responsabilità della crisi a nessuno diverso da lui medesimo e quando Grillo non aveva le sue fila elettorali gonfiate dai “colpiti” della recessione.

La probabilissima vittoria del centrosinistra avrebbe dato la stabilità che i mercati chiedevano e le dure e indispensabili politiche di risanamento sarebbero state attuate con l´equità ed il senso di giustizia sociale che i tecnici, come si é visto, hanno ignorato.

Sono il primo a sapere che, non esistendo prove concrete sulla realizzazione di questo scenario, le mie sono inutili recriminazioni. Però…

Il voto segnala, tra le tante cose, anche il passaggio di una parte significativa del nostro elettorato a Grillo, in particolare nel lavoro dipendente e nei redditi medio bassi. Passaggio di consensi che ci dice che la nostra proposta non è stata convincente e che segna la novità dal premio dato non ad una linea più radicale (Ingroia) ma alla sostanziale protesta che si concretizza nel rifiuto dei sindacati o delle 20 ore settimanali di lavoro.

Ma l’inedito più forte e delicato è quello determinato dalla inesistenza di una maggioranza di Governo al Senato, determinata non solo dai numeri ma anche dalla oggettiva distanza tra le opzioni politiche lì rappresentate. E qui la sindrome riesplode. La formula usata da Bersani “siamo primi ma non abbiamo vinto” riassume efficacemente lo stato delle cose. Ora siamo chiamati ad un passaggio strettissimo rispetto al quale la cruna di un ago appare una comoda porta.

Bisognerà presentare in Parlamento una proposta con pochi punti che riassumano le priorità istituzionali ed economiche (compresa ovviamente una nuova legge elettorale) per sfidare alla assunzione di responsabilità le forze del centrosinistra ed il Movimento 5 stelle, reduce da un oggettivo straordinario risultato elettorale. La gestione di questa difficilissima fase è nelle mani di Bersani.

E cosa fanno gli inconsapevoli (spero che almeno siano tali) autolesionisti? Mettono in discussione il dirigente che dovrà confrontarsi con il Presidente della Repubblica e dovrà trattare con i rappresentanti delle altre forze politiche. Il tutto avviene non solo nelle ore che precedono l’avvio del processo ma nelle sedi più impensate, a partire dalla rete. Rompendo una pratica solidale, addirittura identitaria, e svuotando di interesse anche le sedi proprie della discussione, come quelle del congresso prossimo futuro.

Altri, per non essere da meno, teorizzano più o meno esplicitamente che la ricerca della convergenza per un Governo di scopo, a tempo determinato, debba essere cercato anche con il centro-destra, cioè con i principali responsabili della crisi economica nella quale ci troviamo.

Insomma l’esperienza del Governo dei tecnici, sostenuto lealmente da alcuni e slealmente da altri, non è servita a nulla!

Fermiamoci! Siamo ancora in tempo.

 

 

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