La grande sete. Chi vuole uccidere i siciliani, la loro agricoltura, assetarli fino a farli emigrare, o svendere le loro terre a fondi arabi, o peggio a speculatori dei fondi pensione?
Sembra un film di spionaggio alla Quantum of solare, ma non c’è conforto alla fine di as questa storia, c’è l’immagine di un’isola la più grande del Mediterraneo, che potrebbe essere una Nuova Atlantide ed invece diventerà una landa desolata di pannelli fotovoltaici a perduta d’occhio, come il mega impianto di Iberdrola da 300 Giga di cui i siciliani non sanno nulla.
Qualcuno, una nuova Spectre, vuole fare secchi i siciliani? Se lo scenario fisse questo ci sarebbe almeno un nemico, con sembianze da cattivo, da combattere, potrebbe scendere in campo un agente alla Daniel Craig con licenza di uccidere per difendere gli stolti siciliani.
Invece sembra sia molto peggio, il vero nemico che sta facendo appassire e bruciare l’isola è l’ignavia, che spesso si accompagna ad ignoranza e a sete, of course, di potere.
La società di sovrambito che gestisce l’acqua dei siciliani da decenni, Siciliacque è partecipata dalle Regione in minoranza, già questo sa di ignavia, e da Italgas, società quotata, ma il cui azionista di riferimento è la Cassa Depositi, cioè lo Stato, che però in questa veste agisce con logica finanziaria, insieme a fondi speculativi, come il noto Blackrock, ed altri investitori per cui è fondamentale il dividendo, che si ottiene riducendo gli investimenti e aumentando le bollette, visto che il mercato non è espandibile, essendo la Sicilia un’isola.
Reti colabrodo, dighe non collaudate che sversano il prezioso oro blu in mare come a Castelvetrano, invasi senza pompe di sollevamento a Lentini, mancati investimenti per cercare le falde profonde su cui galleggia la Sicilia, nonostante 3,5 miliardi di finanziamenti in questi anni sulle risorse idriche, che sembrano stati dispersi come acqua tra le mani. Acqua tra le mani è un detto mafioso, la mafia dopo l’unità d’Italia iniziò la sua prosperità sull’acqua, che identifica le persone inaffidabili.
Come fossimo in C’era una volta la Sicilia, un mondo che scompare, come nei film di Sergio Leone, attendiamo alla stazione nel caldo asfissiante, che ci fa sudare, tra mosche fastidiose e gocce disperse, il pistolero che ci farà secchi per siccità, e senza nemmeno l’armonica o un marranzano.
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