Lo Stato paga in ritardo: servono mappatura e tracciatura

di Marcello Degni
Pubblicato il 11 Marzo 2012 - 14:38| Aggiornato il 26 Febbraio 2020 OLTRE 6 MESI FA

D’altra parte l’intermediazione ha svolto anche un ruolo positivo per le imprese creditrici. Negli ultimi anni di crisi ed elevata tensione sulla liquidità, gli intermediari finanziari del settore factoring hanno assicurato continuità nell’operatività, cercando di mantenere costante il livello di credito nei confronti della propria clientela e sostenendo i cedenti nella gestione delle dilazioni e dei ritardi di pagamento.

Tuttavia, vi è da evidenziare che anche gli intermediari esprimono crescenti difficoltà nel porre in essere operazioni aventi a oggetto i crediti vantati verso la pubblica amministrazione, che implicano elevati livelli di assorbimento di capitale e costi di raccolta della liquidità sempre più elevati.

Vi è poi da considerare che il ritardo nei pagamenti espone l’ente alle numerose iniziative di recupero da parte dei creditori, accrescendo il fenomeno del pignoramento. Il problema del contenzioso in parte è fisiologicamente legato alla verifica delle forniture e all’eventuale contestazione della qualità e quantità delle stesse (l’amministrazione quindi non paga fino alla verifica e, in caso di contenzioso, fino alla definizione giudiziale o extragiudiziale dello stesso: nelle indagini periodiche anche questo è considerato pagamento ritardato, ma ha natura diversa e connaturata all’agire e ai rapporti commerciali tra imprese e amministrazioni) ed è stato all’origine di situazioni spiacevoli che recentemente hanno fatto molto scalpore nell’opinione pubblica.

Un’inadeguata politica difensiva dell’ente nell’ambito della gestione del contenzioso sul credito fa sì che lo stesso soccomba sistematicamente davanti al giudice, trovandosi in difetto anche nei casi in cui ci sarebbero ragioni oggettive di contestazione (dopo la condanna del giudice si perde il legame con la sostanza del credito e resta solo il problema dell’esecuzione del pagamento). La situazione caotica (soprattutto nei crediti sanitari nelle regioni centro meridionali) ha favorito la proliferazione di studi legali specializzati nell’aggressione delle pubbliche amministrazioni (sono stati registrati anche fenomeni di impugnazione distinta per ogni singola fattura, per aumentare le spese legali, in contrasto con espliciti pronunciamenti della Corte di Cassazione).

Su questa situazione s’innesta poi l’annoso problema dei tempi della giustizia che nel nostro paese sono eccessivamente lunghi e si riflettono sul problema dei ritardi nei pagamenti sia per la lungaggine dei processi (segnatamente di quello esecutivo) sia perché spinge i creditori a ricercare soluzioni stragiudiziali che inevitabilmente compromettono l’integrità del quantum da riscuotere, procurando un danno economico che le imprese tendono a incorporare nei prezzi offerti.

La riorganizzazione del ciclo passivo rappresenta quindi una formidabile occasione per avviare una azione di spending review, che non può essere ridotta al sommario e riassuntivo esame dei dati di bilancio, ma deve entrare nel cuore delle procedure amministrative e contabili, per individuare inappropriatezze ed inefficienze. Si potrebbe iniziare dalla ricognizione dei flussi delle aziende sanitarie, dove si concentra la parte preponderante dei ritardi di pagamento, mettendo a fuoco il processo di liquidazione della spesa (mappatura dei centri, dematerializzazione, tracciatura dei flussi, identificazione dei processi di cessione, integrazione dei flussi tra fornitori, cessionari ed aziende sanitarie; centralizzazione del contenzioso e dei processi di pagamento): un gruppo centrale, presso il ministero della funzione pubblica, con collegamenti a livello regionale, potrebbe fare molto. E’ ora di farla finita con la produzione di carte a mezzo carte.