ROMA – La decisione della corte di Cassazione di promuovere un nuovo esame della vicenda di Ustica davanti alla corte di Appello di Roma è molto importante, per molte ragioni. Il pronunciamento nasce da un fatto specifico, quello della richiesta di risarcimento dei danni da parte dello Stato avanzata dalla famiglia Davanzali, all’epoca proprietaria della società Itavia per la quale volava il DC9 precipitato a Ustica. La Corte di Appello di Roma aveva respinto la richiesta dei Davanzali che allora avevano fatto ricorso alla Cassazione.
Ora tutto si riapre, non solo dovrà essere risolta positivamente la richiesta di risarcimento della famiglia del proprietario di Itavia, ma, partendo dalle motivazioni della sentenza, si potranno cercare i responsabili di quello che è stato giustamente definito dal giudice Priore “un atto di guerra in tempo di pace”.
La Cassazione conferma nei fatti che il DC9 non cadde in mare per “un cedimento strutturale” ma perché colpito “da un missile sparato da aereo ignoto” e conferma che le indagini sono state inficiate da “depistaggio” che viene considerato “definitivamente accertato”. E’ dunque possibile trovare tutta la verità, cosa indispensabile per le famiglie delle vittime, per la democrazia del nostro paese e per quella dell’Europa. Per questo il lavoro dei magistrati dovrà essere supportato dalle istituzioni. Certo nella fondamentale distinzione di ruoli e nel rispetto della reciproca autonomia ma con il comune intento di arrivare alla verità completa sulla tragedia consumatasi nel cielo di Ustica nell’ormai lontano 1980.
C’è un compito prioritario che spetta al Governo, per facilitare il lavoro dei magistrati e per unificare il nostro paese agli altri paesi europei. Le azioni giudiziarie italiane sono difficili e a volte addirittura impossibili per la mancata ratifica da parte del nostro paese della Convenzione del 29 Maggio 2000 relativa all’assistenza giudiziaria in materia penale tra gli stati membri dell’Unione Europea. Ventiquattro paesi hanno stretto questo vincolo tra loro mentre noi a distanza di tredici anni non lo abbiamo ancora ratificato. Per questa ragione (o con questo pretesto) molti amici e alleati non collaborano, non rispondono adeguatamente alle rogatorie della Magistratura italiana per aiutarla a raggiungere la verità.
Le ragioni della mancata ratifica della Convenzione sono ignote. Addirittura ex presidenti del consiglio ed ex ministri non hanno mancato di sollecitare i loro successori e la magistratura a fare luce sulla tragedia di Ustica ma non hanno mai spiegato perché durante il loro periodo di governo non è stata fatta la cosa più utile: quella di sottoscrivere la Convenzione. Ora spetta al Governo delle larghe intese muoversi, ogni ritardo od omissione, dopo la sentenza della Cassazione, si configurerebbe come una rilevante colpa.