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Vermicino, Alfredino Rampi…Era il 1981, ma non passa mai

di Lucio Fero |9 Luglio 2018 10:10

Vermicino, Alfredino Rampi...Era il 1981, ma non passa mai

Vermicino, Alfredino Rampi…Era il 1981, ma non passa mai

ROMA – Vermicino, Alfredino Rampi…Era il 1981, ma non passa mai. Non passa mai, non svanisce mai non solo nel ricordo consapevole ma anche e soprattutto nel più profondo sedimento e sentimento della coscienza. Alfredino, quel bambino caduto in un buco della terra. [App di Blitzquotidiano, gratis, clicca qui,- Ladyblitz clicca qui –Cronaca Oggi, App on Google Play] Alfredino che nel cunicolo restò vivo ore, giorni. Alfredino che scivolava sempre più giù. Alfredino cui toccò ciò che ci fa ancora orrore: morire da solo, morire da bambino da solo. Giù, nel buio di una fossa di fango, morire da bambino da solo dopo che una mano, una impotente mano di adulto era arrivati a sfiorati la mano.

Era il 1981, ma non passa mai. Perché essere inghiottiti dalla terra, cadere nel buio, essere prigionieri della mota, scivolare all’ingiù, sentire le voci di chi dovrebbe salvarti, aspettare di essere tirato su, avere freddo, sete, paura e consapevolezza di morire sono la descrizione e il compendio perfetti della massima pena che può essere inflitta al corpo e alla psiche di un umano. E Alfredino era un umano bambino. Un bambino torturato dalla sorte nella maniera più crudele e infame. Non possiamo non provare a immaginare quel bambino nella buca a Vermicino e non possiamo non provare ad immaginare cosa abbia provato, pensato, sofferto. Non possiamo non sentire nostra per un momento la sua resa alla morte. E quindi non possiamo non sentirci turbati, feriti da questo immaginario contatto. Ci fa ancora male, ancora ci disorienta e provoca una sorta di vertigine emotiva. Per questo non passa mai.

E a Vermicino e ad Alfredino Rampi va quasi d’istinto, quasi da sola la nostra testa quando sappiamo, guardiamo, aspettiamo di quelle grotte in Thailandia e di quei 12 ragazzi più il loro giovanissimo allenatore finiti e cacciatisi nella trappola sotto la terra. Quattro sono già fuori. Alleluia, non è Vermicino. Alleluia, c’è il lieto fine (anche se la morte si è già presa la sua parte portandosi via la vita di un soccorritore). Però dentro, ancora là sotto sono ancora in nove.

E non è Vermicino: ci sono tecnologie che allora non c’erano. Tecnologie e risorse che consentono di andare a prendere e riportare in superficie lungo un percorso di 4 chilometri tra tratti asciutti e tratti in immersione. A Vermicino erano sì e no decine di metri. E non è Vermicino: quei ragazzi intrappolati parlano con i genitori, ricevono aria, cibo, acqua, toccano i medici sub che li raggiungono, sono a contatto diretto con umani come loro. Non sono soli, hanno la luce delle lampade e la luce del contatto umano. Alfredino era al buio e al buio ancor più profondo dell’essere solo.

Non è Vermicino laggiù in Thailandia, se non per il circo tragicomico e non di rado grottesco che anche laggiù si è radunato: il ministro che racconta alle tv mondiali che le grotte sono meta turistica bellissima, i giornalisti che danno il peggio di se stessi, santoni, veggenti…

Non è Vermicino, da laggiù stanno uscendo, tornando alla superficie…Alfredino non tornò mai più su. Rimase laggiù nel pozzo, a morire da bambino da solo. Mentre noi a milioni lo guardavamo morire in tv. Non ce lo siamo mai perdonato, per questo era il 1981, ma non passa mai.

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