Camilleri irrompe nella par condicio, Vincenzo Vita analizza tv, siti e giornali nei giorni prima delle elezioni

Camilleri irrompe nella par condicio, ci informa Vincenzo Vita in questo articolo pubblicato anche sul Manifesto.

Prima di tutto, è necessario commentare brevemente la proposta di
Rampelli fratello d’Italia di sospendere le puntate programmate del
commissario Montalbano, per non turbare la serenità del voto.

La presenza di Luca Zingaretti, interprete dei racconti di Andrea Camilleri, potrebbe alterare gli equilibri a favore del
fratello candidato? Mi faccia il piacere, per citare il grande Totò. La
tragedia, com’è noto, diventa farsa. Il raffronto con il caso di Rita Dalla
Chiesa non sta in piedi. Luca Zingaretti non interpreta il fratello.

La lettura delle tabelle sulle presenze radiotelevisive dei partiti e delle
liste elettorali nel periodo caldo della par condicio, iniziato con il deposito
delle candidature, non può essere superficiale. Andiamo oltre il caso Camilleri. Parliamo del periodo
rilevato, che intercorre tra il 21 agosto e il 3 settembre.

Ad una scorsa superficiale appaiono già evidenti alcune storture ormai
classiche nell’Italia del conflitto di interessi e dell’inaudito intreccio tra
media e politica.

Per esempio, il privilegio garantito come negli anni
ruggenti da Mediaset a Forza Italia. Del resto, il salotto berlusconiano fa
bella mostra di sé anche nella trasmissione di Bruno Vespa.

Ma torniamo ai telegiornali del biscione, dove non si parla di Camilleri. Forza Italia va dal 20,32% del
Tg4, al 13,35%% dell’omologo di canale 5, al paradossale 36,68% di Studio
Aperto.

Per correttezza prendiamo le soglie percentuali del tempo di
parola che premono sull’intera platea politica ed istituzionale, perché
quelle declinate solo sui partiti darebbero risultati persino più allarmanti.

Così, il primato offerto da Sky alla Lega di Salvini risulta chiaro, come pure
colpisce l’incoronazione ante litteram decisa da La7 di Fratelli d’Italia, sia
nel tempo di notizia sia in quello di parola. A dire il vero la situazione
cambia nei talk collegati alla testata. Tuttavia, i numeri non sono
un’opinione.

Nelle testate della Rai si distingue ancora una volta il Tg2, dove il partito
di Giorgia Meloni ha surclassato l’antico idillio leghista. Laggiù, si sa, i
riflessi sono sempre prontissimi.

Malgrado la new entry della leader di FdI, le donne sono smisuratamente
meno presenti: il 15% del tempo di parola rispetto all’85% appannaggio
del mondo maschile. La radio è altrettanto segnata dalle culture
patriarcali (18% vs 82%), ancorché vada meglio del video quanto a
(approssimativo) riguardo del pluralismo.

Un elemento assai discutibile è, inoltre, la scelta di regalare diversi minuti
alla compagine del ministro Di Maio, visto che il gruppo di 5Stelle si
riferisce ufficialmente a Giuseppe Conte.

Come appare una scelta deliberata a tavolino la spinta mediale di cui
gode Azione-ItaliaViva, davvero sovrastimata.
Esiste, però, un ulteriore livello di lettura delle tabelle, che potrebbe
sfuggire.

Si tratta della quasi cancellazione delle forze che si collocano a sinistra del
partito democratico o, comunque, fuori dal perimetro considerato
ufficiale. Sono cifre terribili e toccano la sottovalutazione dell’Alleanza
Verdi e Sinistra, la cancellazione di Unione Popolare. Il discorso va
allargato a Italexit o al partito dei comunisti italiani o all’autonominatasi
Italia Sovrana, e non solo. La legge c’è ed è netta.

Nell’ultimo miglio le pari opportunità sono da tutelare in modo integrale.
Non bastano generici richiami senza sanzioni. Se non si agisce
immediatamente, si arriverà al giorno del voto dopo una campagna
elettorale vaga nei contenuti o nei programmi e segnata da squilibri lesivi
del diritto di essere informati.

Altro è il capitolo delle tribune trasmesse dal servizio pubblico, condotte
con equilibrio e premiate – malgrado orari di messa in onda alquanto
infelici- da non malvagi indici di ascolto.

A proposito della compagine di Urbano Cairo, sopra citata con la sua
espressione de La7, va sottolineato che l’antico giornale della borghesia
italiana ha bellamente aggirato la par condicio con il confronto a due su
Corriere-tv tra Enrico Letta e Giorgia Meloni. Non ha violato la legge,
ovviamente, visto che un sito non è una televisione.

Che sarebbe successo, però, se il testa a testa fosse stato dirottato – dopo il saggio
divieto dell’Agcom – su RaiPlay?

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