Intelligenza artificiale, l’Europa prova a fissare dei limiti, salviamo dai numeri le persone in carne ed ossa

“La intelligenza artificiale è qui e lotta contro di noi”, avverte Vincenzo Vita in questo articolo pubblicato anche sul Manifesto.

Intelligenza artificiale, il varo da parte della Commissione europea di un testo volto a disciplinarne i confini costituisce, ovviamente, dell’inizio di un percorso. Che porterà ad un Regolamento impegnativo e certamente inedito.
Chi legge potrebbe utilmente obiettare che sarebbe un buon risultato avere l’intelligenza normale.
Già.

Ma il tempo digitale incombe e ci impone di cambiare profondamente i nostri modelli cognitivi,
l’approccio ad una realtà.

Di cui la componente virtuale è un ingrediente fondamentale.
Prima il Regolamento sulla privacy (n.679/2016). Poi i due significativi articolati Digital Services Act e Digital Markets Act volti a limitare il potere assoluto degli oligarchi della rete. Ora ecco delinearsi sessantanove articoli ed otto annessi che delineano l’approccio europeo sull’IA.

Intelligenza artificiale, qualcosa si muove

Già nel febbraio del 2020 era stato varato, anticipando i contenuti odierni, uno specifico Libro bianco.
Insomma, qualcosa si muove sotto il cielo di Bruxelles. Sembra invertirsi la rotta rispetto ai trattati
degli anni novanta del secolo scorso (e scorso non solo nel calendario) e alle logiche quasi
paranoiche della concorrenza e delle privatizzazioni.

L’interesse delle aziende e la liberalizzazione spinta dei mercati avevano segnato quasi l’intero
quadro delle direttive comunitarie. Contribuendo paradossalmente a fomentare le concentrazioni
economiche e finanziarie, piuttosto che a frenarle. Secondo le indicazioni generali ben descritte dal
super miliardario Warren Buffett, vale a dire la lotta di classe al rovescio vinta dai ricchi.

Nell’età numerica, peraltro inseguita a vista dai computer quantici (la celebrata fisica quantistica di
cui è testimonial mediatico Carlo Rovelli), gli squilibri si sono incredibilmente moltiplicati. Al punto
che le antiche versioni analogiche del diritto sembrano ormai inadeguate nell’interazione con la
cosiddetta plenitudine digitale. Il flusso continuo ed eclettico, che sovverte consuetudini e gerarchie.

La velocità futurista dei social è solo un assaggio

Il provvedimento sull’AI si pone finalmente dal punto di osservazione delle persone in carne e ossa. Che non possono essere annientate dalle sofisticatissime macchine algoritmiche. Arricchite anche dai
miliardi di dati carpiti e sottratti alle spesso ignare soggettività naviganti.

Spicca il titolo secondo, che proibisce alcune pratiche pericolose e nocive, con sanzioni piuttosto aspre verso i trasgressori.
I rischi vengono classificati. Sotto controllo vi sono quelli ritenuti alti. Lì scatta il cartellino rosso.
Parliamo dei casi di sorveglianza di massa e del ricorso massivo (né temporaneo, né confinato a
casistiche particolari) al riconoscimento facciale.

Ovviamente, il tema diviene delicatissimo e rigidamente verificato laddove i dispositivi tecnologici si applichino alla salute e alle iniziative mediche.

Non è chiaro se analoga attenzione, però, è dedicata all’inquietante ingresso dei robot nelle
strutture editoriali e nelle varie forme della produzione culturale. E sembra rimossa l’enorme
questione degli utilizzi a fini militari dell’intelligenza artificiale. Vedremo in corso d’opera.
L’articolo 50 disegna un organismo di vigilanza composto dai diversi Stati dell’Unione, coordinato con le autorità nazionali. Al solito, è da capire quale sarà il grado di autonomia e di potenzialità
coercitiva.

Quante volte a buone leggi non è seguita un’azione effettiva, non contro le piccole trasgressioni, bensì nei confronti degli sfuggenti e impermeabili gerarchi Over The Top.

Comunque, pare un passo avanti, dopo anni di complice subalternità al predominio assoluto di tecniche avulse da un indirizzo governato e sostenibile.

Norbert Wiener, Alan Turing, Giulio Maccacaro, Marcello Cini – per citare solo alcune figure
significative- furono tra i sostenitori di ipotesi alternative e non subalterne al determinismo
tecnologico. Non tutto ciò che è possibile fare si deve fare.

Lo sviluppo meramente quantitativo è diventato non solo una odiosa tendenza del capitale liberista,
bensì la condanna per la sopravvivenza dell’umanità.

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