ROMA – Vincenzo Vita ha scritto per il Manifesto questo articolo sulla norma cosiddetta salva-Berlusconi:
L’ormai citatissimo comma 19 bis aggiunto dall’articolo 15 del decreto fiscale del Governo al vecchio testo del 2000 sui reati tributari non è né un giallo né –verosimilmente- un mero errore. La norma del 24 dicembre, perfetta per la concomitanza con il Natale e con le vacanze più sacre dell’anno con tanto di riposo dei quotidiani, ci racconta qualche verità profonda sulla compagine presieduta da Matteo Renzi. Vale a dire, la polarità dialettica tra inadeguatezza –se davvero nessuno si era reso conto del “regalo” a Berlusconi- e rapporto pattizio permanente con l’ex Cavaliere. Può persino essere che le due cose convivano, come le contraddizioni paradossali. Il premier ha dichiarato a “il Fatto Quotidiano” (cui va la palma della tempestività nel dare conto della faccenda) che l’autore del fattaccio è lui e solo lui. E che il testo verrà ridiscusso da un Consiglio dei ministri prossimo venturo, magari (?) successivo all’elezione del Presidente della Repubblica. Quasi una confessione quest’ultimo riferimento, che contribuisce ad avvicinarci al punto: il “patto del Nazareno” è il contesto permanente, la morfologia dell’attuale sistema politico dominante. In fondo, altro non è che una delle varianti del Conflitto di interessi, il contagiosissimo virus italiano. Ecco, l’errore presunto non è tale realmente, se interpreta il clima culturale prevalente, in base al quale l’intesa con Forza Italia è il colore di base del paesaggio.
Tra l’altro, chiunque abbia messo gli occhi per qualche tempo sulle modalità di gestazione di leggi e decreti, sa benissimo che un comma tanto delicato passa al vaglio di diversi uffici legislativi nonché Gabinetti dei Ministeri concertanti, per transitare infine nell’imbuto del Dipartimento per gli affari legislativi di Palazzo Chigi, che in genere è il detersivo che lava più bianco. Quindi, una norma “sensibile” non è scritta all’ultimo minuto, fuori sacco, da una mano ignota. E, probabilmente, i “colpevoli” sono facilmente identificabili e forse sono un bel collettivo. Il Conflitto di interessi non è in vigore solo se Berlusconi è il capo dell’esecutivo. Vive e vegeta pure se –dall’opposizione- è in grado di condizionare il governo in carica. E’ il modello delle “larghe intese” che diventa ideologia. E il conflitto di interessi diviene la fisiologia, la routine dell’azione pubblica.
Brutta storia, comunque. Pessimo sintomo della crisi italiana. Inquietante fotografia “realistica” della postdemocrazia in versione italica. Dove lo Stato di diritto diventa un optional e la legge sta spesso –ad onta della Costituzione e degli sforzi della Magistratura- dalla parte dei ricchi. E’ già accaduto recentemente con il “Jobs Act”, schierato in favore dell’impresa piuttosto che dei lavoratori. E’ successo pure con l’ultimo provvedimento fiscale, cui dei piccoli e innocui errori dei piccoli contribuenti allora interessa poco, mentre il potere dei soldi stravince. A prescindere da Berlusconi, quel comma è stato un colpo al cuore inferto alla giustizia. Una consistente evasione fiscale è “perdonata”, una modesta no. Bel colpo. E non si improvvisa su tali vicende, frutto di saperi lungamente accumulati, densi di rinvii ipertestuali.
E se ci sbagliassimo, ottenebrati da un antico antiberlusconismo e da una scarsa simpatia per Renzi? Difficile, comunque facciamo la prova del nove, come si dice. Il decreto fiscale venga annullato, non rimandato di poche settimane, ridando ruolo al Parlamento, che così si riapproprierebbe di una materia fondamentale. Se è stato un incidente…
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