Virginia Raggi, Madonna de ‘noantri

ROMA – Giuseppe Turani ha pubblicato su Uomini e business l’articolo “Madonna Virignia de noantri”:

Il comico che urla all’aggressione giornalistica contro il suo cavallo di razza Di Maio (detto anche “primaredditozero”, insomma un ex disoccupato di cui lui vuole fare il presidente del Consiglio, in difficoltà con la lingua italiana) fa veramente ridere.

Nel suo tentativo di mascherare il fallimento dell’idea che chiunque possa gestire la cosa pubblica, non si accorge nemmeno che ormai Virginia Raggi, l’altro cavallo di razza, è una specie di caso di scuola. Forse a Harvard la stanno già studiando. In sette mesi di giunta (ancora incompleta) qualcuno ha contato ben 11 dimissioni (spontanee o indotte) di assessori. E questo è un record mondiale, non italiano.

Lei stessa è indagata per vari reati attinenti alla sua carica, ma al partito dell’honestà (si fa per dire) la cosa sembra non interessare. Virginia non si tocca. E’ come la Madonna pellegrina.

Riesce sempre a avere un’aria ingenua, di quella capitata lì quasi per caso.

In tutto, però, dispone di due frasi: “Bello, bello, bellissimooooo”. Oppure, ogni volta che le cade una tegola in testa: “Noi andiamo avanti, c’è tanto da fare”.

E poi non è nemmeno questa signora ingenua e un po’ naif come i suoi vogliono far credere. Un suo amico carissimo (“Quattro amici al bar”), per la cui presenza in giunta si era battuta addirittura contro lo stesso Grillo (uno che da Genova vuole amministrare Roma) non appena la procura lo ha indagato e arrestato, è stato scaricato alla velocità del suono: “Uno dei nostri 23 mila dipendenti”. Un altro, il povero Romeo, suo consigliere e amico (andavano suo tetti a confabulare) ha fatto un po’ di pasticci intestandole una polizza da 30 mila euro e è stato prontamente eliminato. Non si dice che si tratta di un caso disperato, di persona disturbata, ma lo si lascia capire.

Il povero Berdini, l’ultimo assessore che l’ha lasciata, è stato trattato pubblicamente da lavativo. E via così. Come cadono, lei assegna il colpo di tacco finale.

L’unico rapporto che le interessa è quello con Grillo. Solo lui può decidere della sua carriera e, eventualmente, può scegliere di mandarla a casa, senza più la fascia tricolore da sindaco. Tutto il resto finisce dietro le spalle: uomini, situazioni, problemi.

Il Grillo ogni tato si incazza con questa signora perché ne combina veramente di tutti i colori (soprattutto non combina niente di serio), ma alla fine si capisce che ne è attratto.

Anche in mezzo alle tempeste, anche dopo otto ore passate davanti ai Pm, ha sempre un’aria sorridente, rassicurante. Le cascasse in testa il Colosseo, continuerebbe a dire: “Andiamo avanti, abbiamo tante cose da fare” (senza mai dire quali siano).

In questo è un perfetto prodotto grillino, forse il più perfezionato. Niente la sconvolge, si comporta come se stesse davvero amministrando la città, anche se poi si fa mandare gli assessori da Grillo (che li va a recuperare in mezza Italia) e se chiede la sua approvazione anche per spegnere la luce in ufficio.

La filosofia grilloide, si sa, è quella di fare il meno possibile perché tanto il mondo corre inesorabilmente verso la povertà e la desertificazione (il loro punto d’arrivo). Ci va da solo. Inutile agitarsi. Basta stare lì e fare finta di gestire qualcosa. In realtà, la gestione vera è affidata alla legge di gravità, alla ruggine, ai topi, ai gabbiani. In questo Virginia è assolutamente impagabile: volteggia su Roma come un angelo troppo spirituale per guardare in basso. L’importante è che la fascia tricolore sia ben stirata.

Con qualche eccezione. Ha detto no a qualsiasi cosa, ma quando si è arrivati alla questione dello stadio e è sceso in campo il calciatore Totti (che lo vuole), ha capito che contro un simile autentico mito romano non poteva vincere. Grillo subito d’accordo. Con Totti non si scherza. Fuori dai piedi l’infido Berdini e via ai lavori per lo stadio.

L’importante, e qui sta la qualità prima di Virginia teleguidata da Grillo, non è fare, ma apparire.

Nerone ha avuto bisogno di incendiare Roma, lei è più sottile: lascia che sprofondi da sola.

Tanto ha sempre la terza frase pronta: “Abbiamo sfidato i poteri forti e ci hanno bloccati”.

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