ROMA – Regione Lombardia e vitalizio dei consiglieri: domenica 21 ottobre è stato “il giorno in cui la politica ha perso il pudore”. E’ la sintesi di un moto di protesta spontaneo sulla rete, un sentimento anti-privilegi forse un po’ confuso ma autentico: cari consiglieri, dimettetevi quando vi pare ma rinunciate all’iniquo diritto al vitalizio maturato appunto ieri, al compimento dei 30 mesi di legislatura. Cioè un assegno a vita a partire da un minimo di 1.300 euro mensili dai 60 anni di età, per chi verserà circa 2 mila euro fino a fine legislatura. Con una spesa globale delle casse regionali di circa 6 milioni l’anno.
Ora, nessuno sa se il 25 ottobre il consiglio regionale lombardo si scioglierà come annunciato il 25 ottobre, nessuno può prevedere se Pdl e Lega rispetteranno l’impegno assunto, non si conosce il destino delle lettere in bianco che anche Nicole Minetti insieme ai suoi colleghi consiglieri del Pdl avrebbero messo nelle mani del capogruppo Paolo Valentini. Tutti, nel senso dell’opinione pubblica indignata dagli scandali e dai privilegi di casta, esigono invece un soprassalto di moralità e buon senso da quei consiglieri, a prescindere dai cosiddetti diritti acquisiti, in sintonia per una volta con ciò che la gente si aspetta. Prima dei codici, delle esatte interpretazioni della legge, del compimento dell’iter parlamentare.
Sì perché il taglio dei vitalizi è una mezza verità, nel senso che il decreto anti Batman governativo del 10 ottobre in merito deve attendere 60 giorni per la sua definizione in Parlamento, prima che di essere recepito dalla Regione Lombardia. Il decreto taglia spese prevede la cancellazione del vitalizio per chi non ha alle spalle almeno 10 anni di legislatura. La norma prevede l’innalzamento dei tempi (da 30 mesi di legislatura a 10 anni, appunto) e l’innalzamento da 60 a 66 per la sua riscossione: se passa i consiglieri potranno farsi liquidare solo i contributi versati.
In questo momento vale la legge del governo, ma il suo effetto è provvisorio, proprio perché se verrà modificato o si perderà nell’iter parlamentare fra due mesi potrebbe non essere più valido. Ai consiglieri regionali si chiede appunto uno scatto d’orgoglio, una iniziativa comune e bipartisan per impegnarsi veramente a rinunciare al vitalizio magari destinando la parte chiaramente privilegiata a fondi di solidarietà di qualche tipo. In realtà i consiglieri potrebbero ancora ricorrere al Tar anche perché, senza esplicite modifiche del Titolo V della Costituzione, la norma del governo legifera in una materia di pertinenza regionale. Gli stessi consiglieri regionali dovrebbero avere il coraggio di smentire se stessi e la loro incapacità di auto riformarsi, visto che il primo tentativo di metter fine ai vitalizi in Regione è stato sì approvato, ma a partire dalla prossima legislatura.
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