ROMA – Boldrini e Grasso si riducono gli stipendi: retorica e opportunismo. I neo presidenti di Camera e Senato, l’ onorevole Laura Boldrini e il senatore Pietro Grasso, hanno annunciato che si taglieranno lo stipendio del 30% e imporranno ai colleghi di lavorare di più, dal lunedì al venerdì. Sobrietà e produttività, per dare l’esempio agli italiani. Parole sante, che hanno avuto perfino l’apprezzamento del capogruppo grillino alla Camera Crimi, giustamente colpito perché la questione dei costi della politica è stato affrontato con tanta solerzia ed entusiasmo. Parole sante, se pensiamo anche al concomitante e altissimo discorso del neo pontefice (“Il vero potere è servire”).
L’entusiasmo su giornali, tv, sulla sempre evocata rete, è giustificato: ci avviamo verso un nuovo inizio, un cammino edificante e virtuoso, mondati finalmente dall’ossessione di un’epoca materialista e sprecona, soldi, soldi, soldi. Un filo di retorica, poi, non guasta: non c’è alcuna garanzia che i due prescelti per l’alto ruolo del nuovo Parlamento siano proprio “fit”, in compenso ci costeranno di meno. Non si sa, non è certo che la loro nomina sarà un fattore ostativo per la formazione di un nuovo governo (cose politiche, brutte, poco interessanti) però che bello vederli quasi mano nella mano mentre promettono che loro sì, intanto rinunciano a un po’ di soldi. Se il lavoro lo svolgeranno nel migliore dei modi si vedrà.
Un po’ di opportunismo c’è e si vede, ma perché menarne scandalo? I grillini sono la novità, loro tirano sui media, loro stanno al centro della notizia: blandirli un po’ non è poi un gran peccato. E pazienza se passa questo messaggio: il tuo ruolo più è importante meno deve essere pagato. Basta con l’oltraggio dello stipendio quale misura del valore di una persona. E non si parli di solito moralismo pauperista, e non si dica che la “comunista” Boldrini possiede terreni, proprietà e perfino una chiesetta privata.
Piccole obiezioni, eventuali incidenti di percorso potrebbero saltar fuori, invece, quando l’ex magistrato Grasso intimerà a un dipendente della Camera di rimanere oltre l’orario stabilito, o gli decurterà lo stipendio anche a lui di un terzo: quello chiamerà l’avvocato, si appellerà allo Statuto dei Lavoratori, mostrerà contratti, leggi, firme in calce…Poi sarà il turno dei vituperati portaborse, trasformati finalmente in assistenti parlamentari con l’obbligo di contratto di assunzione, ma con parecchi di loro a spasso, disoccupati (e i grillini hanno già denunciato la presenza, tra i collaboratori che dovranno lavorare ai gruppi, tanti nomi di ex parlamentari).
Da 13500 euro netti a 9450 euro netti passerà lo stipendio di Boldrini. Le spese di rappresentanza saranno tutte cancellate, così come i rimborsi forfettari. Per fortuna abiti di buon taglio e un minimo di decoro sarà garantito da una certa agiatezza personale, perché va bene che le scarpe nere e sfondate di Papa Francesco sono già un trend, però anche l’austerità ha un limite. Perché siamo obbligati a crescere economicamente se vogliamo sopravvivere: il denaro come sterco del demonio non aiuta lo sviluppo, se è vero il principio allora bisogna turarsi il naso.
Michele Serra, in una Amaca di qualche anno fa, riusciva a cogliere il punto: “Il denaro è benedetto, l’agio pure, il valore personale va premiato: ma le montagne di miliardi, quelle sono sempre e comunque sconsigliate a chi voglia vivere in una società non troppo sperequata, non troppo offensiva, non troppo feroce con i deboli”. E’ un promemoria per i nuovi puritani, i fustigatori del momento. Del resto anche Machiavelli (si leggeva qualche giorno fa) dimostrava apprezzamento per il suo opposto, Savonarola. Ma per qualche istante, per qualche infuocato discorso, non per un programma di governo. Non per chi non distingue tra finanziamenti ai partiti e macchina parlamentare, tra ruberie di sciacalli e organizzazione dei partiti, tra merito personale e simulacri di uguaglianza.
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