Alvaro Vitali, intervistato da Repubblica, racconta come diventò Pierino: “Fui scoperto da Federico Fellini. Ma non sapevo neanche chi fosse, io al cinema andavo a vedere i film con Franco Franchi e Ciccio Ingrassia”.
La sua carriera cominciò nel 1969: “Avevo 18 anni e guadagnavo 16mila lire a settimana. Poi sono stato reclutato per una parte di Satyricon. Settantamila lire al giorno, per sette giorni di lavoro”. Una svolta. Dopo quel film, Fellini lo chiamò per altre parti: “Lo divertiva la mia indole popolare. Mi chiedeva: ‘Ti è piaciuto Giulietta degli spiriti?’ ‘Sì’, mentivo. ‘E cosa ci hai capito?’ ‘Un cazzo, dottore’. Fellini ne rideva”.
Con i primi soldi guadagnati “comprai casa a nonna Elena, in via Oderisi da Gubbio, nel quartiere Marconi. Sono stato a casa con lei dagli 8 ai 32 anni. Con mia madre erano litigate continue…”.
Poi il successo: “Amarcord mi diede notorietà. Il regista Nando Cicero, che era stato l’aiuto di Francesco Rosi, stava preparando L’insegnante, con Edwige Fenech. Mi chiamò. Dovevo interpretare un alunno siciliano che le sbavava dietro. Non poteva chiedermi di meglio: mi ero sempre ispirato a Lando Buzzanca”.
“Ho fatto cinquanta film – racconta – Se ero ricco? Cambiavo macchina e donne ogni 3 mesi”.
Il successo però non è eterno: “Ero così famoso che non potevo entrare nei ristoranti. Poi il telefono ha smesso di squillare. Non mi spiego il perché. Ero popolarissimo. E lo sono ancora a 72 anni. Mi fermano per strada, mi chiedono i selfie. ‘Alvaro, tu sì che ce facevi divertì’, dicono. Io ho salvato il cinema commedia italiano”.
E ora? “Dopo un periodo di depressione, arrotondo facendo spettacoli, nei teatri, soprattutto al Sud. A Roma poco, non c’è il culto della serata. Di pensione ora prendo 1.200 euro. Mi hanno fregato un sacco di contributi”.
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