È morto Adamo Dionisi, l’attore romano noto ai più soprattutto per il ruolo del boss Manfredi Anacleti nella serie Suburra. Ma Dionisi, Suburra a parte, andrebbe ricordato anche per il suo amore per il teatro, la poesia, il cinema e Roma. Laziale da sempre, un po’ per colpa dei suoi cugini, come amava raccontare, negli anni ’70 Dionisi entrò tra le fila degli ultras biancocelesti degli Irriducibili (su YouTube si può ancora trovare un documentario dedicato ai tifosi laziali dove, tra i tanti, compare anche lui).
Non è vero che si avvicinò al mondo del teatro e della scrittura, come si è letto in queste ore, solo dopo il carcere, ma molto prima. Come raccontava, minimizzare la sua vita a questo era solo un modo di qualche giornale per creare interesse su di lui. Dionisi vinse i primi concorsi di poesia già da bambino e, ventenne, iniziò a scrivere le sue prime sceneggiature, continuando a vincere premi anche negli anni ’80.
In carcere, Dionisi semmai aiutò gli altri detenuti attraverso il teatro, offrendo loro una seconda possibilità per il reinserimento nella società. L’8 marzo, d’altronde, trascorreva le giornate nei carceri femminili organizzando spettacoli per le detenute. Fu proprio lì, come amava raccontare, che sviluppò il terzo occhio, un terzo occhio che, diceva, lo aiutava a capire meglio le persone e i loro comportamenti. “In un penitenziario,” raccontò, “vai in scena davanti a delle persone che poi non vanno a fare i piatti. Non tornano in famiglia. Non si dimenticano di te quando tornano a casa. I detenuti dopo lo spettacolo si portano in cella quello che gli hai detto. Devo dire che lì ho strappato lacrime a tutti. Anche a me stesso”.
Ma torniamo alla sua carriera da attore e sceneggiatore. Dopo le prime esperienze, Dionisi fece dei documentari con Ivano Di Matteo, come Codici a sbarre o Mentalità ultras. Poi iniziò a scrivere con Valerio Mastandrea. Dopo, chiamato da Walter Veltroni, scrisse e realizzò Chi nasce tondo. Poi fu la volta di Tutti i santi giorni e poi Scialla. Nel 2014 fu la volta di Pasolini con Abel Ferrara. Nel 2015 entrò nel cast di Suburra. Da qui in poi il successo nei panni di Manfredi. “Sono diventato l’unico attore al mondo che parla sinti,” spiegò. “Gli altri lo blaterano. Lo leggono. Giusto Giacomo Ferrara (che nella serie interpretava “Spadino”, ndr) lo conosce un po’. Io lo parlo. Sono l’unico. Riesco anche a fare le traduzioni senza l’aiuto del coach. È una lingua che mi affascina, ma è una lingua che già conoscevo. Io ho avuto il coraggio di infilarmi con loro per quattro anni. Ho mangiato con loro. Ho dormito con loro. Ho tenuto i loro figli in braccio. Li ho visti crescere”. Suburra a parte, Dionisi lavorò poi anche in Rocco Schiavone, Dogman e Arance&Martello e in tanti altri film. Una vita avventurosa, insomma, quella di Dionisi. La vita di un attore convinto che la poesia, come ripeteva, prima o poi avrebbe salvato il mondo.