Il film The Brutalist, già trionfante ai Golden Globe e prossimo all’uscita nelle sale italiane, è finito sotto la lente d’ingrandimento delle polemiche. In una recente intervista, il montatore del film ha ammesso di aver utilizzato l’intelligenza artificiale adattando l’accento del protagonista, Adrien Brody, per sopperire a una specifica lacuna linguistica in una delle scene più importanti della pellicola.
The Brutalist, diretto da Brady Corbet, è il film che più di ogni altro in questo periodo si è accaparrato i favori della critica, conquistandosi pareri entusiastici che lo vedrebbero lanciato verso il successo ai prossimi premi Oscar. Di premi il film ne ha già vinti diversi, tra cui un Golden Globe per il miglior film drammatico, quello per la miglior regia e uno al miglior attore per la performance di Adrien Brody.
Proprio riguardo alla prova attoriale di Brody, indubbiamente di alto livello, è stato sollevato un polverone di polemiche, nate da una recente intervista del montatore del film Dávid Jancsó. Nell’intervista a Red Shark News, Jancsó ha rivelato un piccolo ma significativo dettaglio riguardo alla performance di Brody in una delle scene chiave del film. Quest’ultima, infatti, pare sia stata influenzata dall’uso dell’intelligenza artificiale. Il montatore ha spiegato che tale utilizzo si è reso in qualche modo necessario per l’esigenza di “perfezionare” il dialogo tra Brody e l’attrice Felicity Jones, affinché entrambi interagissero in lingua ungherese. Jancsó ha poi aggiunto: “Sono madrelingua ungherese e so che è una delle lingue più difficili da imparare a pronunciare. Si tratta di un linguaggio estremamente unico”. Nello specifico, si è ricorso all’utilizzo dell’intelligenza artificiale generativa Respeecher, un programma vocale che è stato utilizzato per adattare l’accento ungherese del protagonista.
Il montatore di The Brutalist ha infine difeso l’utilizzo dell’intelligenza artificiale: “È controverso nel settore parlare di IA, ma non dovrebbe esserlo. Dovremmo avere una discussione molto aperta sugli strumenti che l’IA può fornirci. Non c’è nulla nel film che utilizzi l’IA che non sia già stato fatto prima. Rende solo il processo molto più veloce”.
Il film dura oltre tre ore e la scena in questione, quella tanto criticata per l’utilizzo dell’IA, dura appena due minuti. Tanto è bastato, però, a suscitare un certo sdegno da parte di quelli che percepiscono l’uso dell’intelligenza artificiale come invasiva e per nulla votata a un determinato concetto artistico che questo film, così come il cinema in generale, vorrebbe esaltare e celebrare. In molti poi hanno criticato il fatto che questo dettaglio, ritenuto per nulla banale, sia stato tenuto nascosto fino a questo momento.
L’utilizzo dell’intelligenza artificiale nel cinema è materia di grande attualità, un argomento delicato destinato a far discutere per molto tempo. Già nel 2023 gli sceneggiatori di Hollywood avevano puntato il dito sull’intervento dell’IA nelle produzioni americane. La loro indignazione e le loro più plausibili preoccupazioni si sono poi concretizzate con la messa in atto di veri e propri scioperi.
C’è chi manifesta sincera inquietudine sul fatto che questo tipo di modus operandi produttivo possa minare il frutto della creatività di chi scrive e lavora alle opere cinematografiche, e chi invece avanza l’ipotesi che l’IA, alla fine, possa anche proporre buone idee di sceneggiatura. Lo pensa il regista Paul Schrader, il quale ha elogiato la creatività di ChatGPT: “Perché gli scrittori dovrebbero metterci mesi a trovare una buona idea quando l’IA può dargliela nel giro di una manciata di secondi?”. Discussione più che mai aperta.