Da qualche giorno circola online il trailer di un film decisamente molto atteso dai fan. Parliamo di 28 anni dopo, ovvero il terzo capitolo di una trilogia che il regista Danny Boyle e lo sceneggiatore Alex Garland hanno inaugurato nel 2002 con 28 giorni dopo. Nel 2007 era poi uscito il sequel, 28 settimane dopo, diretto da Juan Carlos Fresnadillo.
Cos’è successo in questi vent’anni? Danny Boyle ha proseguito la sua carriera sperimentando diversi generi, vincendo anche un Oscar nel 2009 per The Millionaire. Ma l’evoluzione più interessante è quella che ha visto Alex Garland affermarsi non solo come sceneggiatore ma anche come uno dei registi più talentuosi della sua generazione, grazie a film come Ex Machina, Men e Civil War. I due tornano a collaborare e lo fanno riportando sullo schermo una loro vecchia creatura, ovvero quel mondo post-apocalittico colpito da un virus che ha trasformato gli umani in terribili infetti assetati di sangue.
Il trailer di 28 anni dopo sta già facendo molto discutere, nel senso più positivo del termine. In molti, infatti, stanno cercando di ritracciare più dettagli possibili e alcuni di questi risultano essere davvero degni di nota. Il film uscirà nelle sale italiane il 19 giugno 2025. Ci sembra abbastanza scontato, però, raccomandare un doveroso rewatch dei primi due film, soprattutto quello del capostipite della trilogia. Oggi, infatti, vi consigliamo 28 giorni dopo, di Danny Boyle.
28 giorni dopo, di Danny Boyle
Da un laboratorio di ricerca inglese sfugge qualcosa che sarebbe dovuto rimanere in uno stato di assoluto controllo. Quello che si diffonde per le strade inglesi, infatti, è un micidiale virus trasmissibile con una sola goccia di sangue. In soli 28 giorni l’intero Paese ne viene sopraffatto, trasformando gli esseri umani in terribili infetti condizionati da un aggressivo stato di rabbia omicida.
Jim (Cillian Murphy) si risveglia all’interno del reparto di terapia intensiva in un ospedale di Londra. Quello che trova all’esterno è un mondo deserto e quasi completamente distrutto, percependo fin da subito la minaccia che imperversa per le strade. Con l’aiuto di Frank (Brendan Gleeson), della figlia Hannah e di una sopravvissuta misteriosa, Selena (Naomie Harris), Jim e gli altri dovranno cercare di mettersi in salvo, rendendosi però conto che gli infetti non sono l’unica minaccia che troveranno sulla loro strada.
Morti viventi 2.0
Se George A. Romero aveva messo le basi segnando la storia del cinema horror con i suoi zombie, uno strumento per veicolare diversi e illuminanti messaggi politici e sociali, Danny Boyle con 28 giorni dopo ha raccolto l’insegnamento, lo ha fatto proprio e ne ha sperimentato le moderne derivazioni. Quello che il regista britannico ha portato sullo schermo è uno zombie-infetto che potremmo definire 2.0.
Certo, viene da interrogarsi sul fatto se questo film è da considerarsi effettivamente uno zombie-movie. In parte sì, ma quello che emerge è un aspetto che ruota attorno e infine aggira anche la più immediata delle etichette, perché il film ci catapulta in uno stato di profonda paura tale da superare certi confini di genere.
Stabilita la multiforme identità filmica, 28 giorni dopo ci prende per mano e ci conduce nello scenario più buio e spaventoso possibile, quello in cui gli infetti rappresentano solo una delle principali minacce. Se c’è una cosa che Romero ci ha “insegnato” (senza fastidiosi indottrinamenti) è che all’interno di ogni catastrofe/calamità, ovvero quando è in gioco la sopravvivenza dell’essere umano, l’uomo viene messo di fronte a un inevitabile specchio. Quello che viene fuori, il più delle volte, è la sua natura più brutale e spietata. Questo film non fa eccezione, ed ecco che uno spazio ritenuto rassicurante come quello di una base militare si trasforma nel più crudele dei teatri, mentre fuori l’inferno avanza, tra le mura “sicure” ci si è già inevitabilmente precipitati.