Su Netflix sta ottenendo un notevole successo la miniserie ACAB, i cui episodi sono diretti da Michele Alhaique (Senza nessuna pietà, Bang Bang Baby). Tratta dall’omonimo libro di Carlo Bonini, la serie prodotta da Stefano Sollima è un sequel del film ACAB – All Cops Are Bastards, che segnava l’esordio nel 2012 del regista.
Pur trattandosi di un sequel, la miniserie Netflix riporta sul piccolo schermo solo un personaggio del film originale, ovvero Ivano “Mazinga” Valenti, interpretato da Marco Giallini. All’appello, infatti, mancano i personaggi interpretati dagli attori Pierfrancesco Favino, Filippo Nigro e Andrea Sartoretti. Fanno parte del cast della serie Adriano Giannini, Valentina Bellè e Donatella Finocchiaro. Pur ricevendo critiche perlopiù positive, le quali evidenziano un certo livello di realismo intrinseco all’attualità che la produzione mette in scena, è innegabile che la serie sia debitrice nei confronti del mondo, e del microcosmo, costruito e rappresentato da Sollima nel suo film d’esordio. Oggi vi consigliamo ACAB – All Cops Are Bastards, di Stefano Sollima.
ACAB – All Cops Are Bastards, di Stefano Sollima
Il film racconta le vicende di tre celerini: Negro (Filippo Nigro), Mazinga (Marco Giallini) e Cobra (Pierfrancesco Favino). Le vicissitudine del loro lavoro, che gravitano attorno a un senso di estenuante sopravvivenza quotidiana, si legano a quelle di un complicato contesto privato. Mazinga, rimasto ferito nell’adempimento del lavoro, deve fare i conti con la realtà del proprio figlio, vicino agli ambienti neofascisti. Negro, invece, deve vedersela con il divorzio e con la prospettiva dolorosa di non poter più vedere sua figlia. Cobra, infine, si ritrova a dover affrontare un delicato processo, nel quale viene accusato di aver aggredito un tifoso.
Diversi ma allo stesso modo profondamente vicini, i protagonisti vivono il proprio lavoro facendo affidamento su un solido rapporto di amicizia, quello che in realtà percepiscono come una vera e propria fratellanza che permette loro di andare avanti. Tale fratellanza viene esaltata dall’arrivo di un nuovo collega, il giovane Adriano Costantini (Domenico Diele), la cui formazione professionale (e umana) viene affidata alla squadra di Mazinga e compagni. Lo stato d’animo del gruppo, però, viene sconvolto dalla notizia della morte sul lavoro di un collega. Questo tragico evento getta benzina sul loro temperamento, consumato dall’ira e dalla voglia di volersi vendicare a ogni costo.
La Roma criminale di Sollima
Il film è da considerarsi il primo capitolo di una “trilogia della Roma criminale” che il regista ha arricchito nel 2015 con il film Suburra e più di recente, nel 2023, con Adagio.
L’immaginario costruito da Sollima, che in certo senso rappresenta una naturale evoluzione filmica attorno alla mitologia di Romanzo Criminale, è quello in cui la storicizzazione dei fatti stabilisce il realismo che il regista, con la sua poetica, mette in scena attraverso una collezione di personaggi inquadrati nel loro specifico contesto. Su tali personaggi, la cui identità fa capo ciecamente ai colori della divisa, agisce implacabile la simbologia d’appartenenza, che determina il loro fatale annientamento morale.
Sollima, la cui impronta filmica viene condizionata da un efficacie lucidità contenutistica ed estetica, mette a nudo i principi etici dei suoi protagonisti, riuscendo però a privarsi dell’arbitrario moralismo al quale ha preferito, i fatti gli hanno dato ragione, la presa di coscienza. Questo approccio, forse l’unico praticabile nell’accidentato mondo del realismo filmico, ha permesso al regista di navigare lungo i bordi del mondo raccontato dilatandone infine le estremità. Questo sottile cambio di prospettiva “condiziona” per certi versi lo sguardo dello spettatore, il quale si ritrova a percepire la totalità di una storia che sembra in effetti appartenere al collettivo, un po’ a tutti noi.