La seconda stagione di Squid Game su Netflix sta ottenendo un successo davvero clamoroso. C’era da aspettarselo, certo, dopo quella prima stagione che aveva registrato numeri da record sulla piattaforma, alimentando il mito di una serie tv tra le più chiacchierate e discusse di sempre.
Seppur coreana, la serie affonda parte delle proprie radici concettuali, lo fa più o meno indirettamente, su un film giapponese che nel 2000 ha sconvolto pubblico e critica. Si tratta di una pellicola che ha ispirato diversi registi (tra gli altri anche Quentin Tarantino) e instillato nelle mente di altri il desiderio/volontà di replicarne l’essenza, spesso con risultati inevitabilmente mediocri o fin troppo derivativi. L’immaginario costruito da questo film, forte, crudo e squisitamente critico, ha pionieristicamente guidato il cinema verso nuove e perfino inesplorate modalità di intendere il mezzo, assicurandosi tanto le immancabili stroncature quanto i diffusi e ben più logici consensi.
Non c’è quindi da stupirsi nel constatare quanto attraverso gli anni il retaggio di questo film abbia influenzato grandi e piccole produzioni: si pensi per esempio ad Hunger Games, serie letteraria prima e cinematografica poi, o a quella di The Purge, iniziata con La notte del giudizio. Senza contare le innumerevoli citazioni, gli omaggi vari o gli incalcolabili rimandi. E dunque si arriva a Squid Game, il cui successo nasce dal fil rouge che connette temi e critica esposti nel film con quelli più esplicitamente evidenziati nella serie tv. Oggi, infatti, vi consigliamo Battle Royale, di Kinji Fukasaku.
Battle Royale, di Kinji Fukasaku
La trama prima di tutto. In un futuro prossimo, la società appare sull’orlo del collasso perché profondamente ferita da uno scontro generazionale, quello che vede l’autorità della popolazione adulta diminuire in modo drastico. In questo contesto, cresce invece la violenza giovanile, alimentata dalla perdita di certi principi legati alla disciplina. A causa di questa situazione, che riecheggia inevitabilmente con più forza negli ambienti scolastici, le autorità decidono di istituire la Millennium Educational Reform Act, conosciuta anche come BR act.
Questa legge prevede l’estrazione a sorte di un gruppo di studenti liceali che dovranno partecipare alla Battle Royale. Si tratta di un gioco disumano e feroce attraverso il quale gli studenti si ritroveranno costretti a gareggiare tra di loro per sopravvivere, sul territorio di un’isola deserta. Uccidere gli altri per salvarsi, il tutto sotto gli occhi dell’esercito e del prof. Kitano (Takeshi Kitano).
Tra ricordi e critica sociale
La storia del film, il cui soggetto è tratto dall’omonimo romanzo di Koushun Takami, riecheggia nella mente del regista Fukasaku in un diabolico gioco di associazioni con la propria adolescenza. Nel corso della Seconda Guerra Mondiale, infatti, il regista appena 15enne lavorava in una fabbrica di munizioni, che venne bombardata nel 1945. Chi riuscì a sopravvivere, tra questi lo stesso Fukasaku, fu costretto ad eliminare i corpi di quelli che avevano perso la vita. La visione di tutti quei cadaveri ha inevitabilmente colpito e influenzato la coscienza del giovane regista, le cui memorie di quel terribile episodio prendono forma in pellicola attraverso le crudeli vicende del film.
Tali vicende, inoltre, si incastrano in un quadro filmico molto più ampio, attraverso il quale il regista esamina e demolisce la società stessa, quella giapponese. Si fa riferimento a un sistema basato sulla competizione sfrenata tra i singoli individui, una piramide sociale il cui concetto di carrierismo, la smania di prevalere e di emergere, ha stabilito un modello comportamentale diabolico, lo standard di riferimento per l’uomo moderno. Fukasaku poi restringe il campo alla competizione scolastica giapponese, notoriamente fondata sul rigido principio (non scomodiamo l’etica) della concorrenza tra gli studenti, indotti, e introdotti, al concetto di grado sociale. Il regista adopera l’iperbole tanto cara al mondo dell’arte, estremizzando i concetti sopracitati mostrandone le derivazioni più radicali e tangibili tramite la violenza fisica.