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Cinema

La locandina, il consiglio cinematografico di oggi: Borg McEnroe, di Janus Metz Pedersen

Non c’è dubbio, il 2024 è stato l’anno del tennis italiano che, guidato ovviamente da Jannik Sinner, ha ottenuto numerose vittorie. Ma Sinner è solo la punta di diamante di un intero movimento, che con fondamenta solide e un lavoro assolutamente pregevole ha costruito i suoi trionfi e quelli che verranno. Basti pensare alle vittorie di Jasmine Paolini, ma anche a quelle di Darderi, Berrettini, Sonego, Vavassori ed Errani. Per festeggiare un anno così ricco di soddisfazioni sportive, oggi vi consigliamo uno dei film più interessanti sul tennis: Borg McEnroe, diretto da Janus Metz Pedersen.

Borg McEnroe, di Janus Metz Pedersen

Quella che il film porta sullo schermo non è una rivalità sportiva come le altre, ma una delle più leggendarie della storia del tennis, che vedeva affrontarsi, per ben 14 volte in 4 anni, due tennisti storici come Björn Borg (Sverrir Gudnason) e John McEnroe (Shia Labeouf). Di fronte non c’erano solo due tennisti, ma due modi completamente differenti di intendere questo straordinario sport e tutte le sue sottili sfumature. Si affrontavano due stili diametralmente opposti, una differenza che i due atleti incarnavano perfettamente anche fuori dal campo. Incontro dopo incontro, Borg e McEnroe hanno dato vita a uno spettacolo che è entrato di diritto negli annali del tennis, culminato nella sfida di Wimbledon, nel 1980, considerata una delle partite più belle ed entusiasmanti di questo sport.

L’uno contro l’altro, due facce della stessa medaglia

Seppur diversi, la rappresentazione glaciale del tennis contro quella vulcanica, la freddezza contro l’impeto, il film arriva a suggerirci però un aspetto fondamentale di diverse rivalità sportive iconiche: l’uno non esiste senza l’altro, non c’è McEnroe senza Borg, come due facce della stessa medaglia che vivono attraverso una continua scoperta reciproca. Con la scoperta dell’altro, dunque ingaggiando una sfida tanto sportiva quanto in certi casi perfino emotiva, Borg impara a conoscere meglio sé stesso, anche i propri limiti, e McEnroe fa lo stesso.

In fin dei conti il film racconta con straordinaria lucidità, senza mai abbandonare i lidi luminosi delle produzioni hollywoodiane, l’essenza stessa di questo sport, i cui scambi oltre la rete disegnano e si fanno rappresentazione di traiettorie archetipe ben più ampie, che vanno oltre i confini del campo da gioco.

Giuseppe Avico

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