La locandina, il consiglio cinematografico di oggi: Carnage, di Roman Polański - Blitz Quotidiano
Dal 13 marzo è disponibile in sala il film Lee Miller, esordio alla regia della direttrice della fotografia Ellen Kuras. Il film, che si basa su una storia vera, racconta le vicende di Elizabeth Miller, detta Lee, una delle fotografe di guerra più influenti del XX secolo, interpretata da Kate Winslet. Durante la Seconda guerra mondiale, Lee divenne un’acclamata corrispondente di guerra per Vogue, documentando eventi significativi quali il bombardamento strategico della battaglia d’Inghilterra, la Battaglia di Normandia, la liberazione di Parigi e i campi di concentramento di Buchenwald e di Dachau.
Nel cast di Lee Miller, oltre alla già citata Kate Winslet, troviamo anche Marion Cotillard, Andrea Riseborough e Josh O’Connor. Grazie a questa intensa prova attoriale, l’attrice di Titanic e di Revolutionary Road ha ottenuto una candidatura ai Golden Globe. Oggi vi consigliamo un film in cui Kate Winslet è riuscita a sfoderare una delle più vivaci e ironiche interpretazioni della sua carriera, nel film Carnage, diretto da Roman Polański.
A Brooklyn, nel bel mezzo di un parco, due ragazzini litigano, fino a quando uno colpisce violentemente l’altro con un bastone. L’episodio riunisce i rispettivi genitori, i quali dovranno capire come agire. Così Alan (Christoph Waltz) e Nancy Cowan (Kate Winslet) vengono ospitati nell’appartamento di Penelope (Jodie Foster) e Michael Longstreet (John C. Reilly), i genitori del bambino vittima dell’aggressione. La pacifica conversazione porterà i quattro a divergere su praticamente ogni aspetto della questione e non solo, fino a quando la situazione sfuggirà di mano lasciandoli in balia delle proprie convinzioni, dei lori tic e di un nervosismo di fondo che si fa sempre più evidente e contorto di minuto in minuto.
Basato sull’opera teatrale Il dio del massacro della drammaturga e scrittrice francese Yasmina Reza, Carnage fin da subito si propone come una commedia brillante incentrata sulle discrepanze caratteriali e sulle visioni diametralmente opposte dei suoi protagonisti. All’interno delle quattro mura, e in poco meno di un’ora e mezza, Roman Polański realizza un piccolo ma suggestivo compendio di ironia cinematografica, dalla quale trabocca il gusto teatrale dell’opera di partenza. Un’ironia che a tratti si fa dissacrante e che alla fine converge in una più profonda e sconfortante visione dominata dall’indifferenza e dalla sfiducia reciproca.
Parola dopo parola, affronto dopo affronto, i quattro rilasciano come un gas tossico nell’appartamento la loro natura fino a quel momento celata sotto la patina della buona educazione. Ogni piccolo tic, dalla cura maniacale per i propri libri fino al sistemarsi costantemente il trucco, dallo sfoggiare uno status ben preciso con sigari e liquori raffinati fino al rispondere compulsivamente al cellulare, alimenta un’irrequietezza che sfocia nell’esibizione radicale di se stessi, fino a condurre i protagonisti nei più oscuri vicoli dell’incomunicabilità, vulnerabili ed esposti ognuno al giudizio spietato dell’altro così come a quello del pubblico.
Rimuovendo le maschere della borghesia, Polański ne rivela le congenite contraddizioni, palesando il principio del cane mangia cane da cui questa attinge da sempre, nutrita dall’istinto di doversi autoconservare a discapito di tutto. La messinscena orchestrata dal regista, adagiata anche sul gusto per l’assurdo (l’impossibilità di andarsene dall’appartamento), sostiene fisicamente la sensazione claustrofobica, senza aria e priva di sbocchi o scorciatoie che induce i protagonisti al confronto costante, un teatro di battaglia cinico e implacabile coordinato con maestria da Polański ed esaltato dalle interpretazioni fenomenali dei quattro attori/lottatori.