
La locandina, il consiglio cinematografico di oggi: Carrie - Lo sguardo di Satana, di Brian De Palma - Blitz Quotidiano
L’universo filmico multiforme e variopinto che gravita attorno alle opere di Stephen King, miniera d’oro dell’editoria e soprattutto del settore cinematografico, nel corso della storia si è arricchito a un ritmo disarmante con film di altissimo livello, altri segnati da una mediocrità assoluta e altri ancora rivelatisi dei veri e propri disastri. Si fa riferimento a una miriade di film tratti dalle opere più disparate del re del brivido.
Se da un lato infatti siamo stati abbagliati dalla bellezza di Shining (1980), quella di Creepshow (1982), di Misery non deve morire (1990), di Stand by Me (1986) e di Carrie (1976), solo per citarne alcuni ma ce ne sarebbero ancora tanti, dall’altro siamo rimasti profondamente scottati dalla mostruosità di pellicole come Brivido (1986), Cell (2016), Dolan’s Cadillac (2009) e La torre nera (2017). Nel mezzo, al di là di ciò che non si è citato e di quei film confinati per sempre nella mediocrità , esistono operazioni cinematografiche che ripropongono opere già adattate, rimodernandole per un pubblico più giovane, come si è fatto maldestramente con It (2017) e con It – Capitolo due (2019), o ancora peggio con il fastidioso e inutile Carrie (2013).
In questo contesto rientrano anche The Monkey, prossimo all’uscita nelle sale italiane, e Cujo, nel cantiere di Netflix, che ne ha annunciato di recente il progetto. The Monkey, diretto da Oz Perkins, si presenta come il secondo adattamento cinematografico dell’opera di King, già portata al cinema con il dimenticabile The Devil’s Gift (1984). Se il film di Perkins risulta essere promettente e di qualità , figlio di un’operazione in questo caso legittima, diversi sono invece gli interrogativi che annebbiano la mente riguardo al progetto di Cujo, adattato goffamente per il cinema nel 1983. Da valutare, in questo caso, è la natura implicita ai progetti di Netflix, marchiata spesso e volentieri da certe tendenze che mal si prestano all’ambiente horror. Staremo a vedere. Intanto oggi vi consigliamo uno dei migliori film tratti dalle opere di Stephen King, ovvero Carrie – Lo sguardo di Satana, diretto da Brian De Palma.
Carrie – Lo sguardo di Satana, di Brian De Palma
Carrie White (Sissy Spacek) è un’adolescente all’ultimo anno delle superiori. Non riesce a integrarsi a causa di un’educazione troppo rigida che le è stata imposta dalla madre Margaret (Piper Laurie), un’integralista cristiana che costringe la figlia a rimanere segregata in casa quasi tutti i giorni. A scuola Carrie non riesce a fare amicizia ed è spesso presa di mira dalle sue compagne. L’unica che sembra interessarsi davvero a lei è Sue, che chiede a Tommy Ross di invitare Carrie al ballo.
Chris Hargenson (Nancy Allen), in combutta con il suo ragazzo Billy (John Travolta), decide di preparare uno scherzo terribile da fare a Carrie per umiliarla davanti a tutta la scuola. Carrie intanto scopre di avere lo straordinario potere di spostare gli oggetti con il pensiero e una volta uscita di casa, dopo essersi ribellata alla madre, si dirige verso la scuola per il tanto atteso ballo di fine anno. Qui la ragazza subirà l’ennesima umiliazione, ma la sua reazione lascerà tutti a bocca aperta.
Carrie è la prima opera di King adattata per il cinema. Pur non essendo il miglior film di Brian De Palma, il regista è riuscito con grande mestiere, e con la tecnica sopraffina che lo contraddistingue, a progettare uno spettacolo horror tra i più iconici e di successo degli anni Settanta. Con il romanzo, che vale la pena sottolineare essere stato uno dei libri più censurati nelle scuole statunitensi, lo scrittore toccava diversi temi, tra i quali la solitudine di una ragazza e suoi affanni infruttuosi di introdursi in un contesto scolastico, naturalmente quello americano, governato da un masochistico e rigido conservatorismo, che incentivava la divisione degli studenti in piccoli gruppi, in classi sociali ben distinte.
Partendo da qui, ma limitando consapevolmente la percezione che si ha della protagonista all’interno del romanzo, De Palma le cuce addosso un aspetto ulteriore e più cinematografico, antitetico a quello del libro, ossia un certo impulso all’empatia che il publico si ritrova a mantenere vivo sostenendo la ragazza. Scatta dunque un’immedesimazione che avviene naturale perché viene contrapposta nettamente la protagonista alla perfidia delle sue compagne di classe, nonostante Carrie abbia in dote, o per anatema, poteri telecinetici distruttivi e micidiali. Le sottigliezze, in questo caso, vengono meno perché amplificate esplicitamente nella messinscena del contrasto tra chi è buono e chi invece non lo è.
Da citare il virtuosismo tecnico di De Palma, da cui sgorga inesauribile la lezione hitchcockiana. Il cinema del regista di Vestito per uccidere (1980), Scarface (1983), Gli intoccabili (1987) e Carlito’s Way (1983) non assume mai la ricercatezza espositiva per fini adulatori ma è sempre contestualizzata al racconto proposto. Si ha un esempio perfetto nella meravigliosa e straziante sequenza della festa, nella quale si assiste alla lenta e inesorabile umiliazione di Carrie. Allo stesso modo, la messinscena è scandita da una dilatazione temporale ben precisa, accentuata dall’utilizzo del ralenti messo in pratica in uno spazio fisico congeniale all’esaltazione dei diversi punti di vista, quello di Carrie ma soprattutto quello dei suoi compagni di classe. Il tutto, ribadiamo, si inserisce alla perfezione all’interno del discorso narrativo, senza dunque mai risultare un vuoto manierismo di forma.