
La locandina, il consiglio cinematografico di oggi: Dallas Buyers Club, di Jean-Marc Vallée - Blitz Quotidiano
Matthew McConaughey, il cui ultimo film risale al 2019, si è preso una pausa dalla recitazione durata sei anni, un periodo in cui l’attore si è dedicato alla propria famiglia e soprattutto alla scrittura della sua autobiografia. In un meditabondo letargo, ma sempre incline alle suggestioni esterne, l’attore ha deciso di riassaporare il cinema, motivato dalla sceneggiatura di un film, quella del thriller poliziesco The Rivals of Amziah King. McConaughey, nonostante il dichiarato nervosismo nei primi giorni di set dovuto naturalmente alla lunga assenza, ha ritrovato entusiasmo, e ora il pubblico è pronto ad accogliere un’altra sua magistrale interpretazione.
Matthew McConaughey è senza possibilità di smentita uno degli attori più talentuosi della sua generazione, capace di rappresentare e di esaltare, per esempio, le note drammatiche di Interstellar (2014), di incarnare la crudeltà criminale in Killer Joe (2011), di amplificare stravaganze e manie nel cameo di The Wolf of Wall Street (2013), di calarsi nell’ironia di Tropic Thunder (2008), o ancora di farsi carne consumata nel pessimismo di quel meraviglioso viaggio filosofico che è stato True Detective (2014). Oggi, omaggiandone un ritorno sulle scene tanto atteso, vi consigliamo Dallas Buyers Club, di Jean-Marc Vallée, che ha permesso all’attore di stringere tra le mani il suo primo e attualmente unico premio Oscar.
Dallas Buyers Club, di Jean-Marc Vallée
Verso la metà degli anni Ottanta, il texano Ron Woodroof (Matthew McConaughey) si ritrova a condurre un’esistenza scapestrata, segnata dall’abuso di alcol, dal sesso e dall’uso estremo di droghe. Ron contrae poi l’HIV e i medici lo mettono al corrente della drammatica verità: gli rimane circa un mese di vita. In ospedale l’uomo conosce la dottoressa Eve Saks (Jennifer Garner), che gli illustra nuove sperimentazioni con l’AZT, un farmaco approvato ma al quale Ron non può accedere.
Corrompendo un inserviente, riesce in qualche modo a procurarselo, ma l’utilizzo incontrollato del farmaco, in contrasto con i vizi perpetui di Ron, gli causa un grave collasso. Dopo essersi risvegliato in ospedale, Ron fa la conoscenza di Rayon (Jared Leto), una donna transgender tossicodipendente con la quale fonderà il Dallas Buyers Club. Un volta scoperta l’esistenza di una nuova cura a base di peptide T, Ron decide, attraverso la sua nuova e totalmente illegale associazione, di contrabbandare la sostanza negli Stati Uniti.
Al di là della buona tecnica di Jean-Marc Vallée, funzionale ma priva di guizzi, al di là dell’immersività narrativa, al centro della quale vive il tema paradossalmente poco esplorato dell’Aids, Dallas Buyers Club è uno di quei film che affidano gran parte della loro efficacia drammatica all’energia attoriale, in questo caso affidata a Jared Leto (alla sua migliore interpretazione) e soprattutto caricata sulle spalle emaciate e magrissime di un Matthew McConaughey sublime. Coinvolgendosi a 360 gradi, l’attore porta ancora una volta il proprio corpo al limite estremo, mostrandolo consumato sotto i violenti raggi del sole, debole ma sostenuto da una forza emotiva (e di volontà) straordinaria.
Tratto da una storia vera, Dallas Buyers Club vive dell’intensità attoriale che conduce e sostiene la narrazione trainandone il discorso politico alla base, svelato attraverso un punto di contatto intimista, dalla natura spontanea svestita di ogni qualsivoglia forma di artificio o finzione. Dallas Buyers Club, realizzato con un budget ristretto e in meno di 25 giorni, rivela la propria indole da film indipendente, rivendicando il gusto di una messinscena il più possibile autentica, all’interno della quale non sussiste alcuna nota melodrammatica.