Cinema

La locandina, il consiglio cinematografico di oggi: La conversazione, di Francis Ford Coppola

A 95 anni ci ha lasciati Gene Hackman, uno dei più grandi attori della storia del cinema, interprete leggendario della settima arte. L’attore aveva abbandonato la recitazione nell’ormai lontano 2008, ritirandosi in silenzio, senza clamori, senza comunicati stampa roboanti, in quello stile asciutto e un po’ d’altri tempi che lo ha contraddistinto per tutta la sua vita e per la sua lunga carriera, stracolma di grandi interpretazioni. Come nelle trame intricate di un giallo, però, la sua morte, quella della moglie Betsy Arakawa e del loro cane, ad oggi rimane ancora avvolta nel mistero.

All’inizio della sua carriera, Gene Hackman si è legato a un’immagine che lo vedeva rappresentato al cinema come un “bad guy”, in una serie di ruoli “da duro” perfettamente inseriti nella concezione anni Sessanta di un ragazzo americano già segnato dalle difficoltà della vita. Il suo volto ha poi assunto sfumature differenti, modellate attorno alla radicalizzazione di quel cinema rivoluzionario, eclettico, impetuoso e “sforna capolavori” che corrisponde alla cosiddetta New Hollywood.

Da quel momento in poi Hackman ha navigato spedito, dritto al cuore della storia del cinema, regalandoci splendide interpretazioni in film altrettanto leggendari come Il braccio violento della legge (1971), La conversazione (1974), Stringi i denti e vai! (1975) e Reds (1981). Negli anni successivi, nella mutevole condizione di una Hollywood prima rigogliosa e poi decadente, l’attore si fa veterano della recitazione, scolpendo la propria immagine, più ruvida e segnata dall’età, in film come Mississippi Burning (1988), Gli spietati (1992), Il socio (1993), Allarme rosso (1995), Potere assoluto (1997) e I Tenenbaum (2001). Oggi, omaggiandone la grandezza attoriale, vi consigliamo proprio La conversazione, capolavoro firmato Francis Ford Coppola in cui Hackman fornisce un’interpretazione straordinaria.

La conversazione, di Francis Ford Coppola

San Francisco. Harry Caul (Gene Hackman) è un esperto di sorveglianza ossessionato dalla privacy. Vive in un appartamento spoglio, protetto da un antifurto e da una porta a tripla serratura. Non ha il telefono in casa e utilizza solo i telefoni pubblici. L’unico piacere che si concede di tanto in tanto è suonare il sassofono sull’accompagnamento di dischi jazz. Un giorno, un uomo chiamato Il Direttore (Robert Duvall), incarica Caul di compiere un’intercettazione particolarmente complessa dal punto di vista tecnico: registrare la conversazione di una coppia nell’affollata e rumorosa Union Square. Caul fa un ottimo lavoro, nonostante il significato delle parole della coppia rimanga sfuggente. Un presentimento, accentuato dai sensi di colpa legati al suo passato, fa capire a Caul che, se consegnasse la registrazione al committente, la coppia si troverebbe in pericolo di vita.

Uscito nelle sale americane in un periodo segnato dal boato politico del Watergate, La conversazione, le cui tematiche si ricollegano all’utilizzo dei sistemi di sorveglianza e alle intercettazioni, sembra incastrarsi perfettamente nella concezione di un film-risposta alle conseguenze dello scandalo. Eppure, le ispirazioni creative di Francis Ford Coppola per la realizzazione di questo cult risalgono alla metà degli anni Sessanta, quando il regista rimase folgorato dalla visione di Blow-Up, di Michelangelo Antonioni.

Partendo da qui, Coppola ha trapiantato alcuni concetti dell’opera del regista italiano nel suo film, fondendoli con quelli della sorveglianza audio direttamente associati a una dimensione più intima, nella quale esplode il conflitto tra la percezione di ciò che si è ascoltato e la realtà dei fatti. Qui si annida il pericolo dell’interpretazione e della decrittazione soggettiva, stabilito secondo l’ambiguità della propria percezione, deviata o perfino corrotta da un sistema che opera dall’alto, nell’oscurità più assoluta e inquietante.

La visione intima proposta da Coppola si raccorda ai toni esegetici di uno studio sulla figura del protagonista, esplorandone sfumature dettagliate legate alla paranoia, al senso del complotto e all’alienazione, con evidenti rimandi, riadattati e ricostruiti, proprio al cinema di Antonioni. La conversazione è il film più hitchcockiano di Coppola, un’opera che più di altre ha saputo indagare sul senso più profondo delle intercettazioni in relazione all’individuo, ricollegandosi per estensione a certe paure riconosciute come universali, tra cui il senso di colpa e soprattutto la progressiva estraniazione nell’epoca dei primissimi contatti con la tecnologia moderna.

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Giuseppe Avico