![La locandina del film Le vite degli altri](https://www.blitzquotidiano.it/wp-content/uploads/2025/02/Le-vite-degli-altri-film-1-1024x683.jpg)
La locandina, il consiglio cinematografico di oggi: Le vite degli altri, di Florian Henckel von Donnersmarck - Blitz Quotidiano
Nei giorni scorsi si è discusso molto riguardo alla sicurezza informatica. La notizia è quella relativa alla violazione di circa novanta telefoni, appartenenti nello specifico a giornalisti e ad attivisti europei. Si parla di una vera e propria campagna di spionaggio, condotta mediante l’uso dello spyware Graphite, prodotto dalla società israeliana Paragon Solutions. Il software in questione, venduto dalla Paragon a 35 governi democratici alleati degli Stati Uniti per indagini sul terrorismo, sarebbe riuscito a penetrare gli smartphone attraverso Whatsapp.
Meta stessa ha avvertito le persone spiate della manomissione dei dispositivi da parte di un software di produzione israeliana. Tra quelli coinvolti, ci sono anche i telefoni di Francesco Cancellato, direttore di Fanpage, e Luca Casarini, attivista, fondatore e capomissione di Mediterranea Saving Humans. Tante domande, altrettante ipotesi e al momento pochissime risposte. Eppure, una cosa è certa, ed è sotto gli occhi di tutti: il cyberspionaggio è più che mai reale, legato indissolubilmente alla stretta attualità.
Da anni il cinema si interessa a questi specifici temi, come per esempio quello dalla sicurezza informatica. Legandosi naturalmente all’attualità politica e sociale di riferimento, diversi film hanno raccontato realtà sotterranee, vere e proprie macchinazioni inquietanti ma allo stesso modo cinematograficamente affascinanti. Con il film che vi consigliamo oggi si torna indietro di circa quarant’anni, precisamente negli ambienti della Berlino Est, in cui la vita privata delle persone veniva costantemente sorvegliata tramite le più moderne strumentazioni in dote agli agenti della Stasi, l’organizzazione di sicurezza e spionaggio della Repubblica Democratica Tedesca. Parliamo naturalmente del film Le vite degli altri, di Florian Henckel von Donnersmarck.
Le vite degli altri, di Florian Henckel von Donnersmarck
Il drammaturgo di successo Georg Dreyman (Sebastian Koch) e la sua compagna, la famosa attrice Christa-Maria Sieland (Martina Gedeck), si trasferiscono a Berlino Est nei primi anni Ottanta. La DDR, la Repubblica Democratica Tedesca, li considera tra i più importanti intellettuali del regime comunista, tenendoli dunque in grande considerazione. Il ministro della Cultura assiste a uno spettacolo dell’attrice e si innamora della donna. Chiede poi al capitano Gerd Wiesler (Ulrich Mühe), un abile e inflessibile agente della Stasi, di sorvegliare la coppia, incaricato di trovare prove sostanziali a carico di Georg Dreyman. Le intercettazioni, però, porteranno Wiesler a conoscere meglio la coppia, a interessarsi particolarmente alle loro vite, iniziando a mettere in discussione le sue più rigide e profonde convinzioni.
Il regista e sceneggiatore tedesco Florian Henckel von Donnersmarck, alla sua opera prima, realizza un film straordinario che ha ricevuto il plauso di critica e pubblico, portandosi a casa diversi premi, tra cui l’Oscar per il miglior film internazionale. Già dalle prime immagini, nelle quali vengono mostrate le tecniche di tortura psicologica perpetrate dagli agenti della Stasi nei confronti dei prigionieri, il regista catapulta lo spettatore in un clima sociale e politico in cui uno Stato fa di tutto, senza scrupoli e senza alcuna esitazione, per mantenere la propria integrità, autoconservandosi mediante il controllo assoluto. Fin dal principio, infatti, il film palesa come questa sorveglianza si concentri in particolare su alcune specifiche figure, quelle degli intellettuali e degli artisti, ritenuti i primi responsabili della diffusione di idee “non idonee”, sbagliate, dunque in netto contrasto con l’ideologia del Partito Socialista Unificato di Germania (SED).
Allo stesso modo, il film svela anche il marcio intrinseco alla corruzione che affolla i corridoi del potere, dove l’istinto primordiale rimanda all’individualismo più assoluto, al senso carrieristico e alla volontà di raggiungere gli obiettivi personali, spacciati per intenzioni politiche più grandi, comuni. In questo contesto, che il film sonda con eccezionale lucidità, si inserisce la figura del protagonista, l’agente della Stasi Wiesler. Il racconto si apre così a una dimensione più ampia, più strettamente legata ai concetti universali di trasformazione e redenzione, allo scioglimento di certi principi che si infrangono contro le onde radio di una realtà diversa, mai veramente esplorata.