
La locandina, il consiglio cinematografico di oggi: Lo squalo, di Steven Spielberg (Fonte Ansa) - Blitz Quotidiano
Qualche giorno fa, una turista ha raccontato il suo tragico incontro con uno squalo, molto probabilmente uno squalo toro lungo due metri. Stando al racconto della donna, lo squalo l’ha attaccata al largo di Thompson’s Cove Beach, ai Caraibi, toccandole prima le gambe e poi, quando è tornato, “le ha strappato le braccia con un morso”. Si era parlato di un incontro nato dal desiderio della donna di fotografare da vicino l’esemplare, un’affermazione poi smentita dalle autorità locali che hanno dichiarato che l’attacco non è stato in alcun modo provocato. La donna è stata poi trasportata d’urgenza in ospedale e le sue ferite si sono rivelate immediatamente gravissime, rendendo necessaria l’amputazione delle mani, una all’altezza del polso e l’altra fino a metà dell’avambraccio.
Il cinema si è arricchito nel corso degli anni di pellicole con protagoniste grosse creature, animali sempre più grandi che attaccano l’uomo ingaggiando battaglie spettacolari e spesso memorabili. In particolare, il cinema horror ci ha regalato film con gli squali che sono entrati nell’immaginario collettivo, alcuni ben riusciti e altri decisamente meno. Che sia per la natura macabra e terrificante della messa in scena, per la spettacolarità action o per una determinata inclinazione alla critica sociale, questo sottogenere di film ha saputo soddisfare (e continua a farlo) una fetta sempre più ampia di pubblico, appassionato o meno. Riguardo agli squali cinematografici, appare quasi superfluo sottolinearne la genesi, che con facilità si ricollega a quel capolavoro del 1975 targato Steven Spielberg. Oggi, infatti, vi consigliamo Lo squalo.
Lo squalo, di Steven Spielberg
La trama delle trame, una delle più iconiche di sempre. La tranquilla cittadina balneare dell’Isola di Amity, Stati Uniti, è minacciata dalla presenza di un grosso squalo bianco, intento a fare spuntini qua e là a base di carne umana, quella degli sfortunati bagnanti. Sul caso indaga il capo della polizia Martin Brody (Roy Scheider) che, ironia della sorte, è terrorizzato dall’acqua. Lui vorrebbe sbarrare l’accesso alle spiagge, proprio in quel momento della stagione in cui l’economia della cittadina va alla grande, in attesa di accogliere migliaia di turisti, vale a dire altrettanti bagnanti. Per questo motivo, il sindaco Vaughn gli impedisce di chiudere le spiagge, ma lo squalo ha piani ben precisi e, in quello che ormai è diventato il suo territorio, semina il panico tra la gente. Brody, a bordo di una barca il cui capitano risponde al nome di Quint (Robert Shaw), marinaio esperto e stravagante, si mette alla ricerca dello squalo in mare aperto, entrambi accompagnati anche dal biologo marino Matt Hooper (Richard Dreyfuss). La stagione della caccia è aperta.
Rivoluzione e successo
Basato sull’omonimo romanzo di Peter Benchley, Lo squalo è un perfetto esempio di come un regista con idee, consapevolezza artistica e una buona dose di follia possa rivoluzionare buona parte del cinema, elevando principi fino ad allora ritenuti irrealizzabili, perfino impopolari. Partendo dal romanzo, Steven Spielberg ha deciso di stravolgerlo elaborando uno stile più diretto, incisivo, ispirato anche al passato, con alcuni evidenti rimandi al capolavoro Il mostro della laguna nera. Il tutto è sempre e comunque votato all’esaltazione di un meccanismo che funziona alla perfezione, ovvero quello della suspense pura. L’intreccio narrativo, il risultato di una fase di sceneggiatura complessa e di una lavorazione altrettanto travagliata, segue per certi versi una direzione che il regista stesso, appena tre anni prima, aveva intrapreso con Duel. Il camion si è trasformato in un grande squalo bianco e allo stesso modo non c’è alcuna spiegazione, nessuna rivelazione sulla natura simbolica che anima le ruote assassine di un camion arrugginito o le fauci insanguinate di uno squalo affamato.
Negli anni la critica, a testimonianza dell’enorme valore storico della pellicola, si è spremuta fino all’esaurimento nell’analizzare ogni più piccola sfumatura del film: si passa dall’interpretazione sociale che ruota attorno ai tre personaggi principali, a dire il vero poi neanche così celata, alla critica al sistema consumistico rappresentato dallo squalo stesso, fino a una più profonda e fantasiosa lettura psicologica dei protagonisti, che prevede la loro identificazione nell’Es, nell’Ego e nel Super Ego. Ma Lo squalo, alla fine, è soprattutto uno dei primi esempi, insieme a Star Wars, di quello che sarà il futuro universo blockbuster, ridefinendo strategie rivoluzionare che hanno fatto scuola. Il suo successo, infatti, si basava su una campagna pubblicitaria senza precedenti, figlia di uno sfrenato e creativo meccanismo di marketing che lo ha portato in numerose sale. Parliamo di un fenomeno che all’epoca ancora non si era mai visto e che segnava, tra le alte cose, la fine di un certo cinema di genere, mentre pulsava forte, vivissimo quello scalpitante e sovversivo della Nuova Hollywood, di cui questo film ne è indiscutibilmente un simbolo.