
La locandina, il consiglio cinematografico di oggi: Resident Evil, di Paul W. S. Anderson - Blitz Quotidiano
Un film Minecraft, l’adattamento cinematografico del popolare videogioco Minecraft, sta dominando al box office. Com’era prevedibile, ma forse si è andati anche oltre ogni aspettativa, il film di Jared Hess, con protagonisti Jack Black e Jason Momoa, sta incassando milioni in tutto il mondo. Anche in Italia si registrano numeri da capogiro, soprattutto considerando un successo impressionante raggiunto solo nel primo fine settimana di proiezioni. C’è poco da stupirsi, comunque, dato il materiale di partenza e la direzione produttiva che si è deciso di intraprendere: parliamo infatti del videogioco più venduto di tutti i tempi, adattato per il cinema con un film chiaramente rivolto a un pubblico di giovanissimi videogiocatori.
Nel marasma, sfociato nell’isteria collettiva in alcune parti del mondo, negli Stati Uniti soprattutto, ha preso piede anche una nuova tendenza di TikTok. I social, infatti, sono stati presi d’assalto da numerosi video nei quali si vede il pubblico, soprattutto quello adolescente, mentre applaude, fa casino in sala, lancia popcorn e bibite varie e urla senza alcun ritegno o rispetto per gli altri spettatori. Pur considerandolo passeggero come un mal di stomaco, il trend risulta essere piuttosto banale, senza alcuna fantasia ma allo stesso modo profondamente fastidioso.
Al di là di quelle online, corrispondenti alle mode transitorie, negli ultimi anni si registra una tendenza cinematografica estremamente duratura, ossia quella degli adattamenti dai videogiochi. Sull’argomento ci siamo già espressi in un precedente articolo, quello in cui si consigliava la visione della prima stagione di The Last of Us. Mentre prosegue inarrestabile la tendenza a voler adattare (spesso in maniera maldestra) i linguaggi del videogioco a quelli puramente filmici, cosa che sta accadendo anche su Netflix con la recente trasposizione di Devil May Cry, oggi vi consigliamo il primo capitolo di Resident Evil, diretto da Paul W. S. Anderson. Pur distante dalla perfezione, in realtà non ci va neanche vicino, il film tratto dall’omonimo videogioco di casa Capcom risulta essere ancora oggi godibile, soprattutto se inquadrato nel contesto “tamarro” ma divertente al quale fa spudoratamente riferimento.
Resident Evil, di Paul W. S. Anderson
L’Alveare, situato nel sottosuolo di Raccon City, è un laboratorio di ricerca genetica della Umbrella Corporation. In questo luogo segreto, alcuni scienziati hanno creato un particolare virus, sfruttabile come arma batteriologica. Un giorno, un misterioso uomo ruba l’agente patogeno, utilizzandolo per contaminare l’intero laboratorio. La Regina Rossa, ovvero l’intelligenza artificiale della struttura, sigilla il laboratorio uccidendo con il gas nervino tutto il personale al suo interno.
La Umbrella Corporation decide così di inviare una squadra con l’obiettivo di disattivare il sistema di sicurezza. All’interno di una grande villa, che fa da copertura all’ingresso dell’Alveare, la squadra fa la conoscenza di una ricercatrice svenuta, ovvero Alice (Milla Jovovich), che si è risvegliata senza memoria. Nella villa trovano anche Matt (Eric Mabius), un individuo misterioso che si presenta alla squadra come un comune poliziotto che si è appena trasferito in città. La squadra decide di portarli entrambi con loro nel laboratorio, raggiungibile con un treno sotterraneo.
Lo scenario che si ritroveranno di fronte è quello di una struttura completamente deserta, ancora controllata dai meccanismi difensivi della Regina Rossa. L’intelligenza artificiale mette in guardia la squadra: c’è un pericolo imminente, qualcosa di spaventoso. Indagando sulla questione, i membri della squadra, Alice e Matt scoprono che il virus ha riportato in vita tutto il personale dell’Alveare, spingendo gli infetti a cercare disperatamente di saziare il loro bisogno di carne umana.
Resident Evil non è di certo il miglior film tratto da un videogioco. L’operazione messa in piedi dal modestissimo regista Paul W. S. Anderson (Punto di non ritorno, Soldier) risponde a determinate logiche commerciali direttamente corrispondenti all’enorme successo della saga videoludica ideata da Shinji Mikami e Tokuro Fujiwara. In origine il film lo avrebbe dovuto girare un certo George A. Romero, ovvero il papà degli zombi cinematografici. Dopo un lungo periodo di incomprensioni, litigi e immaginiamo moltissime divergenze con produttori e sceneggiatori, Romero decise di abbandonare un progetto al quale senza dubbio avrebbe donato una credibilità ben diversa.
Anderson, che già aveva tastato il terreno di un adattamento simile con la realizzazione di un film tratto dal celebre Mortal Kombat, per il suo Resident Evil cinematografico decide di percorrere la strada più semplice possibile, privandosi dell’atmosfera horror opprimente del videogioco di partenza. Sfruttando tutta la potenza di fuoco a sua disposizione, il regista realizza un film costantemente in bilico tra l’horror più caotico e l’azione che gonfia il petto nella maniera più esuberante possibile. Il film, però, ha dalla sua un certo mestiere: per esempio, risulta vincente l’idea di alternare effetti speciali computerizzati, oggi forse un po’ datati, a quelli artigianali, indubbiamente ben realizzati.
Nonostante la progressione narrativa sia quasi del tutto priva di profondità, il film riesce a mantenere un buon livello di tensione, naturalmente quella più essenziale, senza la quale forse parleremmo del nulla cosmico. L’idea evidente e sfacciata di rivolgersi a un pubblico più ampio, quindi anche a quelli che non hanno mai provato il videogioco, si riflette non solo nella scelta di una trama semplice e priva di particolari misteri, ma anche in quella di introdurre una protagonista mai esistita all’interno della saga videoludica, ovvero Alice. Milla Jovovich risulta essere particolarmente credibile e adatta a un ruolo, che tornerà a interpretare in tutti i film successivi.
Se questo primo capitolo è da considerarsi ancora oggi godibile, esageratamente “tamarro” ma allo stesso modo divertente e in più punti interessante, i capitoli successivi della saga, ancora più eccessivi, sbrodoloni e sempre più piegati dall’action puro, sfiorano le vette di un grottesco involontario spesso imbarazzante. Ci limitiamo a consigliarvi il primo film della saga, purché siate in grado di assecondarne lo spirito scendendo a compromessi, quelli di un divertimento cinematografico da popcorn senza particolari pretese.